Maylis Marcenat non rientra nello stereotipo del produttore bordolese. Vivace, con i piedi per terra e umile, è la più tranquilla che ci sia. È la quarta generazione della sua famiglia a gestire Clos de Sarpe, una piccola tenuta Grand Cru Classé Saint-Emilion che da tempo è passata sotto il radar. 
La storia del Clos de Sarpe 
Il nome Clos de Sarpe compare per la prima volta nel 1897, dato da un certo signor A. Ducarpe alla sua proprietà sull'altopiano della Sarpe. Il barone Henri du Foussat de Bogeron acquistò il vigneto nel 1905, unendolo ai vitigni della vicina Badette per creare Ch. Haut-Sarpe. Jean Beyney acquistò Clos de Sarpe nel 1923 e fece rivivere il nome originale. Suo figlio, Yvan Beyney, subentrò nel 1952, che a sua volta passò la proprietà a suo figlio Jean-Guy Beyney nel 1986. Jean-Guy possiede ancora oggi la tenuta ma si ritirò nel 2021, cedendola a Marcenat, che è sua nipote. (Jean-Guy ha un figlio, Charles, che dà il suo nome al secondo vino della proprietà e alla fine erediterà Clos de Sarpe ma non è interessato a gestirlo giorno per giorno.) 
Lo stile dei vini Clos de Sarpe attraverso i secoli 
Lo stile e la vinificazione si sono evoluti nel tempo, con ogni generazione che ha lasciato la propria impronta sui vini. Inizialmente il vino veniva fermentato tutto a grappolo intero, con lunghe macerazioni (dai 40 ai 50 giorni) e trascorreva diversi anni in vasche di cemento prima dell'imbottigliamento. In effetti, sotto Yvan, ciò continuò. Vendeva vino solo a coloro che sapevano conservarlo correttamente, e come tali alcuni vini trascorrevano lunghi periodi di tempo in cisterne: ad esempio il 1966 rimase nel cemento per 10 anni. Yvan cercava la purezza del frutto, raccogliendolo relativamente tardi (era sempre orgoglioso di dire di aver raccolto contemporaneamente a Figeac, dice Marcenat) e non usava mai il rovere. I vini erano duri in gioventù, avevano bisogno di tempo per ammorbidirsi, ma avevano una grande stabilità grazie al loro lungo affinamento. 
Sotto lo zio di Marcenat, arrivato nel 1986, le cose iniziarono a cambiare – con la fine degli anni ’90 un momento cruciale. Jean-Guy predilige vini potenti e ha ridotto la quantità di tempo che i vini trascorrono in vasca, introducendo la diraspatura (gradualmente, dal 1997, all'inizio tutta fatta a mano) e botti di rovere – con l'élevage che è passato da tutto cemento a rovere nuovo al 100% tra il 1997 e il 1999. Ha assunto Michel Rolland come consulente a partire dal 1998, e ha ridotto le rese – raccogliendo un massimo di 25hl/ha. 
Nel 2005, Jean-Guy ha introdotto un diraspatore meccanico e una cernita densimetrica, entrambi i quali hanno contribuito a un cambiamento significativo nella qualità, e tutto è stato diraspato dal 2010, per incoraggiare un profilo tannico più rotondo in gioventù. Nel 2012, alla proprietà è stato concesso lo status di Grand Cru Classé, riconoscendo i loro sforzi. Marcenat è entrata ufficialmente nel team nel 2014, portando la propria visione, spingendo per ulteriori cambiamenti a partire dal 2016 e assumendone infine il pieno controllo nel 2021. 
Clos de Sarpe oggi 
I vigneti di Clos de Sarpe si estendono per 3,68 ettari, tutti in un blocco sull'altopiano di Sarpe ed esposti a sud/sud-est, a solo un chilometro dal villaggio di Saint-Emilion stesso e vicino sia a TrotteVieille che a Troplong Mondot, così come a Sansonnet e Haut-Sarpe. 
Qui il terreno superficiale è sottile – solo 20 cm in alcuni punti – e si trova su un substrato roccioso calcareo, che contribuisce all'elevata acidità dei vini (normalmente con un pH basso di 3,2-3,4). Oltre la metà del vigneto ha tra i 60 e gli 80 anni, con il Cabernet Franc più vecchio che ha ormai più di 100 anni, piantato dal prozio di Marcenat nel 1923. 
L'età della vite si combina con il substrato roccioso calcareo per aiutare questo sito a resistere a condizioni calde e secche: un vantaggio particolare quando il clima cambia. Il calcare agisce come una spugna, trattiene l'acqua, e le radici penetrano in profondità nel substrato roccioso, accedendo a queste riserve. Le rese sono naturalmente basse data l'età delle viti, e le annate recenti hanno visto alcune rese minuscole, ma Marcenat punta a circa 35 hl/ha in una buona annata (più che sotto suo zio e l'influenza di Rolland). 
Per preservare l'età del vigneto, Marcenat sta gradualmente iniziando a reimpiantare il sito. Come parte di questo progetto, ha aggiunto un po' più di Cabernet Franc e una piccola porzione di Petit Verdot. Precedentemente 85% Merlot e 15% Cabernet Franc, oggi il vigneto comprende 78% Merlot, 20% Cabernet Franc e 2% Petit Verdot.
La famiglia ha sempre lavorato in modo biologico, senza mai utilizzare pesticidi o erbicidi, ma il vigneto è ufficialmente certificato dalla vendemmia 2020, cosa di particolare importanza per Marcenat. Per lei il lavoro si svolge tutto in vigna piuttosto che in cantina e la filosofia è molto borgognona, mantenendo tutto il più semplice possibile. 
La squadra è piccolissima e Marcenat fa quasi tutto da sola, coadiuvata da Frank Bartolomucci. Oggi la frutta viene raccolta tutta a mano, refrigerata durante la notte, diraspata e poi cernita per densità. Ogni parcella viene vinificata separatamente, la maggior parte fermenta nelle vasche di cemento utilizzate dagli anni '50, tuttavia il Cabernet Franc più vecchio viene fermentato in botti di rovere nuove da 600 litri. Usa solo lievito indigeno quindi le fermentazioni sono lente, almeno 10 giorni in genere. I tempi di macerazione sono lunghi, normalmente il vino trascorre sui 40 giorni, e fino a 50 giorni sulle bucce, a seconda delle annate, ma con un'estrazione molto delicata. La fermentazione malolattica può essere impegnativa con il basso pH, quindi deve regolarmente inoculare per forzarla (la malolattica è essenziale per la stabilità del vino, in particolare per il vino destinato a un lungo invecchiamento). 
La porzione di rovere nuovo è stata attenuata, con Marcenat che invecchia il vino per un anno in circa il 70% di rovere nuovo, con il resto in botti di secondo riempimento (e occasionalmente un po' di cemento se necessario). Viene poi assemblato e affinato in cemento per circa sei mesi prima dell'imbottigliamento senza filtrazione. Il rovere è costituito da botti borgognone da 228 litri (rispetto ai tradizionali 225 litri di Bordeaux), in gran parte Tronçaisoak del bottaio Taransaud. Marcenat ritiene che le botti borgognone si abbinino meglio al vino, apprezzando le doghe più spesse e la stagionatura più lunga (30 mesi contro i 24 della norma per Bordeaux). 
I vini Clos de Sarpe oggi 
Clos de Sarpe produce due vini: l'omonimo Grand Vin e un secondo vino, Charles de Sarpe, introdotto nel 1997, dal nome di Charles Beyney, figlio di Jean-Guy e cugino di Marcenat. Fino all'annata 2015 compresa, il secondo vino era un saignée del Grand Vin, utilizzato per aumentare la concentrazione del Grand Vin. Da allora, è stato prodotto solo in alcune annate quando c'erano abbastanza frutti per produrre un secondo vino, come il 2019 e il 2023. 
Mentre la maggior parte dei produttori parlerà della freschezza dei loro vini provenienti dal Cabernet Franc, per Marcenat è il Merlot a portare l'acidità, mentre il Cabernet Franc fornisce la struttura del vino. 
Degustando Clos de Sarpe negli anni '60, la freschezza del sito traspare costantemente, così come una distintiva mineralità terrosa. La purezza di un vino come il 1966 è straordinaria – e regge magnificamente anche oggi. Si possono ancora vedere le tracce dell'immensa struttura che i vini 1975 e 1988 devono aver avuto in gioventù, fornendo oggi una presa gentile insieme alla loro gustosa intensità. Mentre i vini avevano uno stile significativamente più potente alla fine degli anni '90 e negli anni 2000, quella potenza sembra equilibrata oggi, il rovere nuovo al 100% integrato e discreto - e il 2001 particolarmente straordinario. Le annate 2010 e 2015 di Charles de Sarpe sono vini meravigliosi, con una sensazione più morbida ed eleganza: un succo che sarebbe degno di molti Grands Vins. 
Questi vini un tempo erano conosciuti per la loro potenza e forza, ma Marcenat ha modificato lo stile, appoggiandosi alla naturale freschezza del sito. Cerca tannini setosi e una purezza che renda i vini più accessibili in gioventù. È, ti dirà, molto semplicemente il vino che le piace e che vuole fare. Degustare i vini en primeur da quando lei è subentrata suggerisce che qui ci aspettano solo cose buone. Ad ogni annata, l'impronta di Marcenat sui vini sembra più chiara e la qualità smentisce le condizioni della stagione di crescita, a testimonianza sia del suo talento che del terroir. 
Una nota sulle etichette del Clos de Sarpe 
Come puoi vedere nella line-up di questa degustazione (sotto), le etichette sono cambiate nel corso degli anni. I vini più antichi prodotti da Yvan Beyney portano un'etichetta molto tradizionale, che è cambiata nel 1986 per avere un bordo blu quando Jean-Guy (zio di Marcenat) è subentrato. Quando lo stile del vino cambiò negli anni '90, Jean-Guy cambiò nuovamente l'etichetta (dall'annata 1998) con una con bordo in lamina d'oro. L'etichetta attuale è stata introdotta nel 2012 quando la proprietà ha ottenuto lo status di Grand Cru Classé. 
La degustazione verticale: Clos de Sarpe 1966-2015 
2015 Charles de Sarpe: Maylis Marcenat ricorda vividamente la vendemmia 2015, poiché è avvenuta nello stesso periodo in cui ha dato alla luce le sue figlie gemelle. È stata l'ultima annata in cui il secondo vino è stato prodotto come saignée del Grand Vin, riecheggiando le sue proporzioni di 85% Merlot e 15% Cabernet Franc, ed effettivamente una versione meno potente, invecchiata in 50% rovere nuovo e 50% rovere di un anno. Il vino è ancora agile e vibrante, offrendo al naso frutti di bosco rossi brillanti. Al palato mostra toni più saporiti, con prugna rossa macerata e un sottile strato gessoso di tannini, tagliati da un'acidità brillante che conduce fino a un finale appetitoso. Questo è in un posto bellissimo adesso. 
Clos de Sarpe 2015: La tipica miscela di 85% Merlot e 15% Cabernet Franc (come ogni annata mostrata in questa verticale), il Clos de Sarpe 2015 è stato invecchiato in rovere nuovo al 100%. Come si può intuire dall'élevage e dalla potenza dell'annata, questo non è un vino timido e riservato, tuttavia l'acidità tipica di Clos de Sarpe si fa strada attraverso il suo nucleo e bilancia l'intensità del vino. Si sente ancora giovane, ricco di frutti di ciliegia scura sul naso compatto, che gradualmente offre toni più dolci e profumati con il tempo nel bicchiere. C'è solidità al palato - con una massa di frutta ricca e concentrata, ma c'è anche una succosità qui lo rende appetitoso, con una dolce carnosità. È rotondo e pieno, con una salda presa di tannino sul finale. Travasalo per godertelo adesso, con molta aria, ma questo si svilupperà nel prossimo decennio e oltre. 
2010 Charles de Sarpe: L'annata 2010 è stata la prima in cui i frutti sono stati tutti diraspati a Clos de Sarpe. Degustando il secondo vino con l'enologo Maylis Marcenat, non può fare a meno di chiedersi perché suo zio non abbia messo un succo così meraviglioso nel Grand Vin. Ora è un bell'esempio flessibile e maturo di Saint-Emilion: il naso sottile, che si sposta tra frutta dolce, fiori accentuati e complessità di tartufo nero. Il palato è lungo ed equilibrato, meravigliosamente risolto, senza soluzione di continuità e morbido, ancora con una freschezza appetitosa e un tocco minerale terroso nel lungo finale. Bello. 
Clos de Sarpe 2001: questo è stato un vino eccezionale nel nostro verticale e un vino che occupa un posto speciale per Marcenat. Come ci ha detto, "Per me è meglio del 2000 - con più freschezza, più equilibrio, più tutto". Il nuovo rovere al 100% è integrato, con il naso che mostra ora molta complessità terziaria: ferro, sousbois e una sottile fogliame si mescolano con il frutto della fragola ancora fresco e morbido. C'è trasparenza qui, ma ancora molta concentrazione: il palato è ancora agile con frutti rossi morbidi e succosi e un'acidità elevata e succosa che sostiene il frutto e riempie il lungo finale, completato da una nota terrosa. Superbo. 
1998 Clos de Sarpe: questa è stata una delle prime annate ad essere invecchiata in rovere, vedendo l'80% di legno nuovo per il suo élevage. È stata una grande annata per la Rive Droite, come dimostra questo vino. Il Clos de Sarpe del 1998 è meravigliosamente maturo, con aromi saporiti e coriacei e frutti di rovo più scuri rispetto al 2001 più fruttato rosso mostrato a fianco. Al palato ha una saporita cucitura di ferro, i tannini offrono ancora una soddisfacente presa gommosa per incorniciare il succoso frutto della siepe. Questo è sbocciato nel bicchiere, rivelando ulteriore complessità e vivacità. Lungo, equilibrato e molto impressionante. 
Clos de Sarpe 1988: L'annata 1988 ha offerto poche sfide ed è un'annata abbastanza classica. Viene dall'epoca in cui il Clos de Sarpe veniva fermentato tutto a grappolo intero e non vedeva rovere (invecchiato solo in cemento) - come con le due annate seguenti. All'inizio questo vino aveva un leggero sentore di muffa, ma gradualmente il vino ha rivelato il suo vero carattere, con frutta dolce e secca e note intense e salate - una ricchezza di umami che ricorda la marmite. C'è ancora una struttura e una potenza sorprendenti qui, anche se il vino non è così concentrato come, ad esempio, nel 1998. L'acidità mantiene il sapore fresco, con sentori di tartufo e sottobosco persistenti nel finale. 
Clos de Sarpe 1975: è stato tappato nuovamente nel 2020. L'annata 1975 ha prodotto alcuni vini particolarmente tannici - e qui si può ancora sentire la struttura dell'anno, con una presa fenolica che incornicia il palato. Il naso è intensamente sapido, attraente per gli amanti del Bordeaux vecchia scuola con cortile e pelle di cavallo, rivelando gradualmente un tocco erbaceo - qualcosa di quasi simile al mentolo. Sebbene questo sia decisamente terziario nel profilo, c'è ancora vivacità al palato, con morbide ondate di frutta e un finale dal bordo ferroso. 
Clos de Sarpe del 1966: alcune annate più vecchie di Clos de Sarpe hanno trascorso lunghi periodi di tempo in vasca prima dell'imbottigliamento, come nel caso di questa 1966, che è rimasta in cemento per quasi 10 anni. È stato tappato nel 2019 ed è un vino straordinario che sta cantando oggi. Il naso offre ancora una sorprendente purezza di frutta: morbida prugna cotta e frutti di rovo più profondi, così come saporiti sousbois e, con il tempo nel bicchiere, liquirizia e un'intensità quasi marmite. È maturo e vibrante, con una freschezza sorprendente al palato, i tannini sono perfettamente integrati con il frutto dolce. Lungo, morbido ed equilibrato, un bel vino da bere adesso. Esplora tutti gli annunci attuali di Clos de Sarpe o leggi di più su Bordeaux

Pochi conoscono Ch. Clos de Sarpe – e ancora meno ne hanno seguito l’evoluzione recente. Abbiamo incontrato Maylis Marcenat, quarta generazione alla guida della tenuta di 3,7 ettari, per una degustazione verticale e per esplorare l’identità del sito attraverso i secoli.

Exploring the evolution of this tiny Saint-Emilion estate through a six-decade vertical tasting of the wines with winemaker Maylis Marcenat 

Tasting through six decades of Ch. Clos de Sarpe 

Sessant'anni di Clos de Sarpe

Bordeaux sta cambiando. La Rive Gauche, in particolare, è stata a lungo una regione di etichette – di tenute grandiose, enologi raffinati e delle bottiglie che producono – i vigneti a fare da sfondo ai loro imponenti castelli e alle nuove cantine all’avanguardia. Naturalmente, i vigneti sono sempre stati importanti, in quanto fonte delle loro uve, ma raramente sono stati al centro delle conversazioni con il commercio o i consumatori. Ora però, forse influenzata dall’ascesa fulminea della Borgogna – e da un approccio al vino ormai diffuso in tutto il mondo – la nozione di terroir sta prendendo il centro della scena. Dietro le quinte, i bordolesi hanno forse sempre guardato sotto i propri piedi, ma ora ne parlano apertamente anche loro. 
 Da nessuna parte questo è più vero che a Ch. Montrose – una proprietà che ha annunciato un cambiamento significativo con il rilascio della sua annata 2023. La tenuta ha sempre prodotto alcuni dei vini più raffinati di Bordeaux, ma negli ultimi 15 anni (sotto la proprietà dei fratelli Bouygues) la qualità di questo domaine di Saint-Estèphe ha raggiunto nuove vette. Da sempre noto per la sua austerità e capacità di invecchiamento, ora presenta una raffinatezza moderna che addolcisce il suo stile severo – senza sacrificare classicità e longevità. Ogni annata sembra rivelare un nuovo livello di precisione e finezza. Dal 2023, Montrose ha annunciato che il suo Grand Vin proverrà solo dalla Terrazza 4 (T4). Se questo non ti dice molto, non mi sorprende. 
 Le sei terrazze ghiaiose del Médoc e delle Graves furono identificate da Pierre Becheler in una serie di studi negli anni ’80 e ’90. Ogni terrazza risale a un periodo diverso e presenta suoli distinti, con la Terrazza 1 (T1) la più antica e la Terrazza 6 (T6) la più giovane – e considerate un fattore determinante nel terroir della Rive Gauche. T3 e T4 sono ampiamente ritenute le migliori per la viticoltura, e Becheler scoprì che, al momento della classificazione del 1855, oltre l’80% dei crus classés si trovava su questi due distinti strati geologici. 
 Nell’ultimo decennio, questi rilievi ghiaiosi sono diventati una parte fondamentale della narrazione bordolese, spiegando il terroir delle diverse tenute. Nonostante la diffusa consapevolezza che le terrazze siano parte integrante della qualità dei vini, non esiste ancora una mappa completa del terroir della Rive Gauche – che mostri quali vigneti si trovano su quali suoli (le migliori sono quelle create da Jane Anson e Kees van Leeuwen per il libro Inside Bordeaux di Anson). La maggior parte degli studi è stata condotta da singole tenute, come a Montrose – che ha incaricato lo stesso Becheler di indagare sulle specificità del loro sito. È notevole che, pur senza conoscere nulla dei sottosuoli della regione, Montrose si sia trovata così fortunatamente posizionata – anche se, naturalmente, è sopravvissuta grazie al suo sito prestigioso. Le prime viti della proprietà furono piantate – tutte sulla leggendaria T4 – nel 1815, da Étienne Théodore Dumoulin, che aveva acquistato la terra da Nicolas Alexandre de Ségur (di Calon Ségur). Il terreno era coperto di erica, i suoi fiori rosa che in autunno ricoprivano il dolce pendio, e i marinai che passavano lungo l’estuario della Gironda lo chiamavano la collina rosa – o “mont rose”, da cui la proprietà prese il nome. 
 Solo quarant’anni dopo la prima piantagione, la tenuta guadagnò il titolo di Second Growth nella Classificazione del 1855. Nel 1861, quando Dumoulin morì, la proprietà comprendeva 95 ettari – ma i suoi confini si sono spostati nel tempo. Fu poi acquistata da un industriale alsaziano, Mathieu Dolfus, che investì pesantemente nella tenuta. Fu un visionario – offrendo assistenza sanitaria gratuita, partecipazione agli utili e alloggi ai lavoratori. Utilizzò persino una turbina eolica per inondare i vigneti, ritardando così gli effetti della fillossera il più a lungo possibile. 
 Montrose fu gestita dalla famiglia Charmolüe tra il 1896 e il 2006, con Jean-Louis – che diresse la tenuta dal 1960 – fondamentale nel costruirne la reputazione moderna. Fu sotto la sua guida, negli anni ’70, che vennero piantate viti su terreni più bassi, vicini all’estuario, che si trovano su T5. Queste parcelle umide e sabbiose vengono oggi utilizzate per La Dame de Montrose, il secondo vino dello château. 
 Fu nel 2006 che i fratelli Olivier e Martin Bouygues (dell’omonima compagnia di telecomunicazioni) acquisirono la proprietà. Nel 2010 acquistarono altri 22 ettari da Phélan Ségur, terreni che storicamente erano stati parte di Montrose. Questi vigneti, circondati da aree boschive, si trovano sulla più sabbiosa T3, ma soprattutto riportarono la superficie totale del vigneto a 95 ettari – come ai tempi di Dumoulin – e tutti in un unico blocco (qualcosa di relativamente raro a Bordeaux). I fratelli Bouygues assunsero Vincent Decup come Direttore Tecnico della tenuta nel 2014. Decup si mise subito al lavoro per comprendere a fondo la proprietà e i suoi suoli. Quando arrivò, avevano una mappa che mostrava 16 diversi tipi di terreno nei vigneti – ma presto commissionò ulteriori studi, scoprendo altri 10 tipi di suolo. Questo diede loro, racconta Decup, “la possibilità di esplorare e separare” le parcelle, approfondendo il sito con una visione più borgognona che bordolese. Dal 2017, il team iniziò a delimitare le parcelle – vinificando le uve in 93 tini separati (più del doppio dei 40 usati solo tre anni prima), adattando la vinificazione a ciascuna. Analizzando il Cabernet Sauvignon su T3 e T4, spiega come abbiano raggiunto “un nuovo livello di precisione e comprensione del Cabernet su ogni terrazza”. 
 “Il Cabernet Sauvignon di Montrose ottiene naturalmente molta potenza,” mi dice Decup. “Dobbiamo essere attenti con l’estrazione.” Soprattutto per l’uva proveniente da T3, spiega, può facilmente diventare troppo austera. T4 ha sempre rappresentato la maggior parte dell’assemblaggio per il Grand Vin di Montrose – e nella mente di Decup non è solo il DNA storico della proprietà, ma ciò che dà identità al vino. Mi racconta di come ci sia qualcosa di magico nel modo in cui il Cabernet matura su queste parcelle, sviluppando contemporaneamente maturità tecnica (zuccherina), aromatica e fenolica. Produce un vino “potente, voluminoso, dimostrativo – un leone in gabbia”. 
 Nel 2022, lo stesso anno in cui Charlotte Bouygues è diventata Presidente e Pierre Graffeuille CEO, il team ha iniziato a concentrarsi maggiormente su T4, e dal 2023 il Grand Vin proviene esclusivamente da questa preziosa terrazza. Provenendo dalle tenute Delon, Graffeuille conosceva bene il potenziale di questi suoli, condivisi con Léoville Las Cases. L’annata 2022 è stata cruciale – ottenendo quattro potenziali punteggi da 100 punti, con quattro confermati in bottiglia – e la 2023 ha seguito le sue orme, con tre potenziali punteggi perfetti. Le terrazze ghiaiose si innalzano e si abbassano lungo la regione. T4 affiora a Saint-Estèphe, scorrendo sotto Meyney e Montrose, per poi scomparire fino al margine meridionale di Pauillac, riapparendo intorno a Latour, attraversando gran parte di Saint-Julien (inclusi i tre Léoville – Las Cases, Barton e Poyferré – e Ducru-Beaucaillou), emergendo nuovamente in tutta Margaux e poi ancora sotto Haut-Brion e La Mission Haut-Brion, con piccole sacche più a sud. 
 Il fattore distintivo di T4 è uno strato di ferro compatto sotto le ghiaie sabbiose. Il terreno sabbioso e ghiaioso consente alle giovani viti di sviluppare facilmente le radici, prima che incontrino lo strato di ferro compatto – costringendole a diffondersi orizzontalmente anziché in profondità. Questo strato compatto è fresco e trattiene l’acqua, nutrendo le viti negli anni caldi. Decup spiega come a luglio il terreno superficiale possa essere caldo, ma scavando si può percepire il freddo dello strato di ferro – qualcosa di perfetto per il Cabernet Sauvignon. A Montrose, T4 si trova tra i 12 e i 16 metri di altitudine, mentre altrove raggiunge un massimo di 22. T4 tende a correre vicino alla Gironda, che esercita un’influenza moderatrice – soprattutto a Montrose, dove l’estuario è largo 4,5 km (proteggendo notevolmente la tenuta dalle gelate, come nella dura annata 1991 – un anno in cui Montrose produsse il vino della vendemmia). 
 Come T4, anche T3 corre sotto molti crus classés – in particolare Cos d’Estournel, Mouton e Lafite. Con un terreno superficiale di ghiaia più sabbiosa, la differenza chiave è che T3 non ha lo strato di ferro di T4 – il suolo superficiale poggia invece direttamente su un sottosuolo di argilla-calcarea. Leggermente più elevata in altitudine (15-18 metri a Montrose, ma generalmente 20-26 nel Médoc), la profondità del suolo è notevole e le radici delle viti si spingono fino a tre metri o più a Montrose, racconta Decup. Con meno argilla nel suolo superficiale, i terreni drenano particolarmente bene, e le viti devono spingersi in profondità alla ricerca d’acqua. “In termini di espressione, non è affatto la stessa cosa,” dice Decup. Spiega che, pur producendo anche un Cabernet Sauvignon vigoroso, ha un’energia e una lunghezza particolari, un’austerità – ma “austerità positiva”. Le viti su T3 prosperano soprattutto negli anni caldi e secchi, aggiunge. Montrose conta un impressionante vigneto di 45 ettari su T4, 12 su T3, una porzione su quello che il team definisce un “suolo intermedio” – a metà tra le due terrazze – e una piccola parte su T5. E cosa succederà ora alle viti su T3? Sebbene lo château non lo confermi apertamente, è previsto un imbottigliamento separato di T3 – che dovrebbe arrivare sul mercato nel 2026, secondo le voci. Il resto delle uve confluisce in La Dame de Montrose, e una piccola parte in un terzo vino, Tertio de Montrose (precedentemente noto come Saint-Estèphe de Montrose), riservato esclusivamente a chi lavora nella tenuta. In totale, il Grand Vin rappresenta ora circa il 36% della produzione di Montrose – in calo rispetto a quasi il 45%. 
 “T3 e T4 sono, a nostro avviso, le terrazze che producono i migliori risultati viticoli,” dice Pierre Becheler, parlando del Médoc e dell’Haut-Médoc. Spiega però che nelle Graves la situazione è molto diversa, e che T2, quasi inesistente nel Médoc, produce risultati eccezionali. Non riesce a spiegare del tutto perché una terrazza funzioni meglio di un’altra, ma una delle ragioni per cui le terrazze sono così importanti è la loro influenza sulla disponibilità d’acqua. Con proporzioni variabili di argilla e dimensioni delle ghiaie, è un elemento chiave della viticoltura e, in ultima analisi, della qualità del vino. Tuttavia, pur avendo trascorso gran parte della sua carriera a studiare questi letti ghiaiosi, è molto chiaro: le terrazze sono un tassello molto importante del puzzle – ma non forniranno mai l’intera immagine. Alcune terrazze sono le migliori in certe appellations, dice, “ma non sappiamo davvero perché o come”. 
 Le complessità del terroir bordolese sono molteplici – e alcuni sostengono che il substrato roccioso, dalle argille più ricche ai calcari duri, sia più influente delle terrazze ghiaiose che li sovrastano. A ciò si aggiungono l’esposizione del pendio, la vicinanza alla Gironda e molti altri fattori che influenzano il microclima, senza dimenticare l’influenza umana – tutti elementi che contribuiscono al concetto di “terroir”. È entusiasmante vedere il sito spinto in primo piano, soprattutto insieme a una crescente attenzione alla sostenibilità nei vigneti. La conversazione si sta evolvendo – e, se l’annata 2023 di Montrose è un’indicazione, non potrà che elevare ulteriormente la qualità della regione. 
 Esplora tutte le attuali offerte di Montrose (inclusa una selezione speciale di stock ex-château) o leggi di più su Bordeaux.

Da sempre tra le tenute più prestigiose, Ch. Montrose ha recentemente ottenuto punteggi eccezionali. Abbiamo parlato con il direttore tecnico Vincent Decup su come il team stia portando il gigante di Saint-Estèphe a nuovi livelli, partendo dal suolo.

Sitting down with Ch. Montrose’s Technical Director Vincent Decup to talk about its terroir, terraces and perfect-scoring vintages of the Saint-Estephe wine 

FINE+RARE: Talking terraces and terroir with Ch. Montrose 

Cosa c'è sotto: parlare di terrazze e terroir con Ch. Montrose

Second wines are no longer à la mode. In Bordeaux, these junior siblings – traditionally made with declassified fruit from the Grand Vin – are being rebranded as alternate expressions of a château. While this has fast become a familiar trope among the region’s master marketeers (who wants to suggest that anything is lesser?), for the Guinaudeau family of Ch. Lafleur the idea has become a fundamental part of their philosophy.  “A new cuvée, a new label – that’s marketing,” says Omri Ram – the man at the helm of the Guinaudeau estates today. For the family (who are mentioned repeatedly in our conversation, their involvement and influence is much more than monetary), any new wines must be a new Cru. Literally meaning a “growth”, the term doesn’t translate particularly well, but it’s a wine that should be “from viticulture, terroir, ideology”, Ram says. The inspiration is Burgundy rather than Bordeaux, comparing to Amoureuses or Malconsorts, a site that offers a distinct expression, year in, year out. “A special cuvée that costs 300 bucks – no, thank you,” he laughs. It hasn’t always been the approach at Ch. Lafleur – or more accurately, the “Société Civile du Ch. Lafleur" (the name that encompasses all the Guinaudeau estates). Les Pensées was originally conceived as a second wine, used to ensure the consistency and top quality of the Grand Vin, primarily made with fruit from young vines. But that all shifted in 2000, when they decided to separate out a diagonal 0.7-hectare valley, a strip of clay within the otherwise gravel-dominated Lafleur vineyard. The concept was – and is – to take the same core DNA of Lafleur, their old-vine material – and translate it through the lens of different terroirs. Les Pensées was their first step towards this, but in the early 2000s the Guinaudeau family started thinking about another expression of Lafleur – one on limestone. Little did they know that it would take almost 20 years for this idea to come to fruition.  And so they started looking for a limestone site. But Pomerol is the only place on the Right Bank with absolutely no limestone, and a plot on Saint-Emilion’s plateau (the obvious choice for prime limestone terroir) was a pipedream. In the unlikely scenario that a plot came up for sale, the price would be astronomical (the buyer would, in Ram’s words, need to have “big, big, big, big pockets”, his eyes visibly boggling at the idea). And while Ch. Lafleur might be uttered in the same breath as the likes of Pétrus, Lafite and Margaux, it remains a small, family-run affair. With Saint-Emilion ruled out, the family turned closer to home.  A distant but direct ancestor of the Guinaudeau family established Ch. Grand Village in 1650, and Jacques and Sylvie Guinaudeau reclaimed the Fronsac estate in 1980. Five years later they took charge of Ch. Lafleur, marking the start of this illustrious property’s renaissance. While their reputation has been built on the Pomerol estate, Fronsac has always been home. In fact, Jacques and Sylvie still live at Grand Village today, while their children– and current custodians of the family business –Baptiste and Julie also live on the outskirts of the village.   Although Fronsac might be considered lowly today, in the late 18th and early 19th centuries, its wines commanded higher prices than those of either Saint-Emilion or Pomerol. The Médoc reigned supreme, with its affluence, proximity to the city of Bordeaux and access to transport via the Gironde – but Fronsac, bordered on one side by the Dordogne River and on the other by one of its subsidiaries, Isle, was not far behind. As nearby Libourne developed, this only helped Fronsac and its wines grow in importance. Back then, Ram explains: “You couldn’t cheat. If you didn’t have a great terroir, you wouldn’t be able to make great wine in nine out of 10 years.” Of course, the region fell from grace – and even today you can stumble across abandoned vineyards, no longer bringing in enough income for someone to bother to farm them. But the best wines speak for themselves – Ram and the Lafleur team have tasted bottles back through the 20th century and there are undoubtedly “great, great things” – even up until the 1980s, proving the potential of the region.  That history, combined with the familial ties and a dream of reviving Fronsac’s reputation of yore, made the region the obvious choice.   There were two elements key to creating a new Cru for the Guinaudeau family: firstly, the right site, but secondly having massal selections of their old vines. Lafleur has long championed its particular plantings of Bouchet (a historic name for Cabernet Franc) and Merlot that pre-date clonal selection.  They started a nursery for their heritage clones at Ch. Grand Village – taking cuttings of their most interesting old vines, grafting them onto American rootstocks and then repeating the process. The challenge was cultivating enough vine material for a new site. As this project got underway, the family continued their search for the perfect vineyards – but also decided they needed to test the theory, and see if their vines’ DNA would translate on limestone.  And so G Acte was born – a “beta testing” programme for what would become Les Perrières. They picked limestone-dominant plots at Ch. Grand Village for an experimental series, starting with the 2009 vintage – Acte 1. By Acte 6, 7 and 8 (the 2014, ’15 and ’16 vintages), Ram tells me, they knew that they were onto something special. At the same time, the team continued to search for the right site. Originally they looked to Burgundy for their inspiration, where the illustrious Grands Crus sit neither at the top or bottom of the hill – but in Fronsac the mid-slope only proffered overly rich, fertile soils dominated by clay. Each site they explored brought new disappointment – until they decided to forget about Burgundy. The best wines in Pomerol, Saint-Emilion and even the Médoc all come from a plateau – so they changed tack and started hunting for a site perched up high.  Talking to the region’s older vignerons, they discovered the plateau of Meyney – beneath which lies a warren of quarries, the source of the limestone that was used to build much of Libourne, and the châteaux across the Right Bank. The first soil-pit they dug offered instant promise – with a meagre 20cm or so of topsoil before you were scraping at the mother rock.   Almost a decade after their search had begun, in 2011, they bought the first vineyards – Les Canards and Les Poulains – just seven kilometres from Grand Village, then another parcel the following year. When Ram arrived at the estate in September 2013, he spent his first day working on one of those nascent vineyards. The work required was extensive. These sites had been conventionally farmed, planted with clones selected for quantity rather than quality, so they needed total rehabilitation. They uprooted the vines and rotated various cover crops (herbs, flowers, cereals) to revive the soils over four years – totally reconstituting them, returning organic matter and also, importantly, re-stabilising the soil structure. The whole process took four or five years for each plot, with the first of their new plantings only going in in 2016 (Les Canards). The focus was, at first, on Bouchet from Lafleur, with 20 different selections. In 2017, they planted Les Poulains, with around 25 Bouchet selections, then in 2018 they planted three more clay-rich parcels with Merlot, partly with their own heritage selections, as well as some carefully selected clones that passed muster.  In 2018, they harvested their first crop from 3.5 hectares of vines. The quality of the Bouchet from these “extreme limestone” soils was so distinct that – even when blended with Merlot parcels that had previously been used for G Acte – they bottled it under the new Cru’s name, Les Perrières.  Tasting it in a line-up alongside previous vintages of G Acte, the difference is as extreme as the soils. Later vintages of the experimental series offer a red-fruited crunch, vibrancy and transparency, but the 2018 Perrières shows an instant shift. There’s a step up in purity, precision, concentration and complexity, with a wilder, swarthier fruit character, yet it’s the mineral salinity that shines through, and is echoed in the 2019. These are serious wines that have a clear sense of place.  The 2020 vintage is the first that came exclusively from Perrières vineyards, with none of the G Acte parcels (these are now all being used for Grand Village). As they initially had more Bouchet plantings on these sites, the blend has shifted over time – with the 2020 having 70% Bouchet, 60% in 2021 and a return in 2022 to the 50/50 mix that is the norm for Lafleur and Pensées. While the aim isn’t always to have this varietal mix, the vineyards are planted so that Merlot and Bouchet can be equal – but the blend will be decided on taste.  Bouchet might be Lafleur’s trademark, but the Merlot is an essential component in Ram’s view. Alone, Bouchet is too linear, vertical, intellectual and even borderline austere. Merlot complements this, ensuring it not just makes you think, but leaves you reaching for another glass. “The greatest wines are not just for the mind, but for the heart and stomach too,” Ram says.   It’s still early days for Les Perrières – the soon-to-be-released 2022 will be only its fifth vintage. These vines are still babies by almost any standard, let alone those of Ch. Lafleur. Yet its potential – and path – is already clear. Ram anticipates it will take them around 20 years to get the wine to where they really want it to be, sitting as a true equal to Ch. Lafleur, but he’s confident that it’s just a matter of time.  It's amazing to see the work that has gone into this one wine – both on paper and in the glass. This isn’t just marketing, but a creed for the Société Civile du Ch. Lafleur – and one that it’s hard not to believe in. Your cheat sheet to the Lafleur stable: the Société Civile de Ch. Lafleur unpacked Ch. Lafleur – the property’s most famous wine, seen as the Grand Vin, an expression of the Lafleur DNA on gravel  Les Pensées – now an expression of the Lafleur DNA on clay. Up to and including the 1999 vintage, this was Ch. Lafleur’s second wine, made with fruit mainly from younger vines. From the 2000 vintage, the fruit comes exclusively from a diagonal strip of clay in the Lafleur vineyards, and is a different Cru. (It was labelled as Les Pensées de Lafleur prior to 2018, when the “de Lafleur” was officially dropped.)  Les Perrières – an expression of the Lafleur DNA on limestone, sourced from vineyards in Fronsac. The 2018 and 2019 vintages include some parcels at Ch. Grand Village, however from 2020 the fruit is sourced exclusively from separate sites in Fronsac, on extreme limestone soils on the plateau de Meyney.  Les Champs Libres – an expression of pure Sauvignon Blanc on limestone soils, from specific parcels in Fronsac. The first commercial release was the 2013 vintage.  Ch. Grand Village – a red and white are made under the Fronsac estate’s name, which is also the family home (Jacques and Sylvie Guinaudeau still live there today).  G Acte – made from 2009 to the 2017 vintages inclusive, an experimental series testing the concept of Lafleur on limestone while trying to find the right sites for Les Perrières, made using fruit from limestone-dominant parcels at Ch. Grand Village. The releases are numbered, with 2009 Acte 1 and so on.  Explore all Société Civile du Ch. Lafleur listings or read more about Bordeaux  

Ch. Lafleur is a Pomerol icon. Sophie Thorpe sat down with Omri Ram to talk about the philosophy that has driven the creation of its unique Crus – and the evolution of its newest project, Les Perrières

Sitting down with Lafleur winemaker Omri Ram to explore the philosophy behind the Pomerol property’s different Crus – and how G Acte became Les Perrières

How Lafleur created a new Cru with Les Perrières

From the ground up: the creed at Lafleur

JAMES SUCKLING James Suckling was the first out with his report, published on 19th April, before most people have made it out to taste the new vintage. He’s not shying away from calling this a truly great vintage, saying “it sets a new benchmark for Bordeaux”. It’s the 40th vintage he has tasted en primeur, and he feels it proves the region’s ability to face the challenges of climate change, with its uniquely hot and dry conditions. He notes that while the reds are the undoubted star, it is also a great vintage for Sauternes – with botrytis development in mid-October that produced exceptional wines.  While the growing season urges parallels with 2003, the wines are totally different. The 2022s “can be flamboyant, fruity and tannic, yet they have a freshness and form that give them energy and vitality”, he writes. While he found a few wines that were over the top, he generally felt there was consistent quality across the spectrum, from more modest estates to the grandest châteaux, with the wines “exceptional”. He gives nine potential 100-point scores, versus only one last year (for Lafaurie-Peyraguey in Sauternes – an address he also praises this year).  Suckling’s highlights: Cheval Blanc, Lafaurie-Peyraguey, Lafite-Rothschild, Le Pin, Léoville Las Cases, Pontet-Canet, Trotanoy, Pavillon Blanc du Ch. Margaux, Angélus, Canon Read James Suckling’s full report  WILLIAM KELLEY – WINE ADVOCATE  Publishing his report on the Friday of Primeurs week, William Kelley defines 2022 as “an amplifier” – highlighting differences between sites and how producers work both in the vineyard and winery. “Bordeaux has produced some monumental wines in 2022, but unlike many of the great vintages of the 20th century, the year was not a rising tide that raised all boats,” he says. The best wines offer “remarkable concentration, energy and harmony” but there are some that are “jammy, astringent and rustic”. He highlights that those with higher organic matter in their soils and who managed their canopies well were rewarded. He argues that vines adapted to the long, dry season, and the experience of recent warm vintages ensured that 2022 was not another 2003 – despite its extreme, hot, dry conditions. He warns that the frequently high pHs are a risk for the final hurdle – with an increased chance of volatile acidity and Brettanomyces, suggesting that although few samples showed these faults during the en primeur tastings, “it is certain that some producers will trip before the finish line this year”. Nevertheless, he is clearly impressed by the best wines – with eight potential 100-point scores in the mix. In a first, the work was divided between Kelley and Yohan Castaing, a relatively new member to the Wine Advocate team – so there are notes from both. The highlights noted below are 12 specifically recommended. Kelley’s highlights: Berliquet, Bourgneuf, Branaire-Ducru, Clos Manou, Dame de Montrose, De Retout, Domaine de l’A, Grand Village, Haut Marbuzet, Langoa Barton, Larrivet Haut-Brion, Mangot Read Kelley’s full report, notes and scores on the Wine Advocate GEORGIE HINDLE – DECANTER  Despite the year’s extreme conditions, Decanter’s Bordeaux correspondent Georgie Hindle writes that “a surprisingly large number of vineyards and their growers prevailed against the odds to create a wealth of exceptional wines in 2022”. She feels there are “both serious highs and lows”, but “some estates produced their best-ever bottles” – with “supple textures, excellent definition, long finishes and a sheer brightness and energy that has produced some of the most compelling wines I’ve ever tasted at this early stage”. She also emphasises how, despite being similarly hot, the year is not another 2003. For Hindle, the Margaux appellation was a highlight, as were the wines from the Haut-Médoc, as well as the top end of Saint-Emilion. She has pulled out a list of “coup de coeur" wines – those that were heart-stoppingly good, and it is those that feature as her highlights below. Hindle’s highlights: Beauséjour Duffau Lagarrosse, Canon, Cheval Blanc, Clos Fourtet, Figeac, Larcis-Ducasse, Laroque, Troplong Mondot, Les Carmes Haut-Brion, Smith Haut Lafitte, Brane-Cantenac, Giscours, Branaire-Ducru, Gruaud-Larose, Léoville-Las Cases, Pichon Comtesse, Montrose, Phélan Ségur, La Conseillante, La Fleur-Pétrus, Vieux Château Certan, Clos du Clocher, Pétrus Read Hindle’s full report, notes and scores on Decanter ANTONIO GALLONI – VINOUS  The first of the two Vinous reports comes from Antonio Galloni, who declares the best wines of the vintage to be “magnificent, viscerally thrilling wines” – “some of the most memorable young wines [he has] ever tasted” – although does temper this enthusiasm by saying that some selection is warranted. Running through the growing season, he highlights how “patience and technology” were critical – with larger numbers of smaller vats, allowing producers to harvest only what was perfectly ripe. The greatest surprise, of course, is the wines – not rich and opulent as for 2009 or 2018, but wines that “combine flavour intensity, energy and finesse in a way that I can only describe as magical”. He repeats the refrain that the wines bode well for Bordeaux’s fate in the face of climate change, and is clearly enchanted by the best wines. He flags that some of the wines are “a bit fragile” and that “élevage will make or break them”, not feeling it’s totally consistent below the top tier. He does, however, pull out a handful of over-performers, which we’ve listed as his highlights below. For him, the advancements in viticulture and winemaking are what define 2022 – wines of “notable depth and freshness without excess weight”, but exactly why they turned out the way they did remains something of a mystery. Galloni’s highlights: Alter Ego de Palmer, Beau-Séjour Bécot, Brane-Cantenac, Clos Puy Arnaud, Clos Saint-Julien, Figeac, Les Forts de Latour, Giscours, La Conseillante, La Gaffelière, Lafon-Rochet, Larcis-Ducasse, Léoville Las Cases, Le Pin Beausoleil, Les Carmes Haut-Brion, Malartic Lagravière, Moulin Saint-Georges, Puyblanquet, Quinault l’Enclos Read Galloni’s full report, notes and scores on Vinous JEB DUNNUCK  Jen Dunnuck is clear that the best 2022s are set to be “legendary”, with “brilliant wines from throughout the region”, but highlights that “there are dramatically different styles in the vintage” – emphasising that this is different to quality, which is “incredibly high”. The vintage is united by its “theme of ripeness and power”, yet yields, winemaking and terroir have all resulted in the aforementioned diversity. He finds the wines of the northern Médoc to be “powerful, concentrated, majestic wines showing remarkable purity and vibrance” and is fast to defend both the pH and alcohol levels, with the former sitting at or below the level of the 2020s and the alcohols “well within the normal ranges of 2009, 2010, 2015, 2018, 2019 and 2020, and very few 2022s show excessive alcohol”. He points to wines from the Right Bank’s limestone and deeper clay soils as “highlights of the vintage” – having retained “an incredible sense of freshness and purity while showing the inherent ripeness and power of the vintage”, although he finds Pomerol “slightly more erratic”. In his view, the satellite appellations have produced a “number of terrific wines” – with Castillon producing many “that rival the best from Saint-Emilion”. He compares the year to a blend of 2020 and 2018, or a mix of 2005 and 2010, with a little 2009 here and there. They are, he feels, “ripe, concentrated, sumptuous wines that have a real ‘wow’ factor”. Dunnuck’s highlights: Montrose, Mouton Rothschild, Haut-Bailly, La Conseillante, Larcis-Ducasse, Les Carmes Haut-Brion, Cos d’Estournel, Léoville Las Cases, Vieux Château Certan, Pétrus, Pichon Comtesse, Léoville Poyferré Read Dunnuck’s full report, notes and scores JANE ANSON – INSIDE BORDEAUX  Anson offered early coverage of the growing conditions and yields – ahead of tasting the wines – but her final reports don’t delve much into the detail of the year on its own, instead focusing on tasting notes and the methodology of her scoring. She is one of few critics to mainly offer firm scores rather than bands (apart from when there’s a chance of 100 points, which she doesn’t like to offer to unfinished wines), something she argues is most useful for those deciding on whether or not to buy. As her scores highlight (with five potential 100-pointers on the Right Bank, and two on the Left, but none for dry or sweet whites), she feels it’s a stronger year for reds than whites. She highlights the high levels of tannin and colour, as well as alcohols – noting that because of the latter she has erred on the side of caution with her drinking windows. She found the second wines stronger in the northern Médoc generally, and notes how producers used very different approaches to the vintage. On the Right Bank, she emphasises the advantage of being on Saint-Emilion’s limestone plateau, and that Pomerol offers “muscular swaggering style” this year. She pulls out a selection of wines as value buys, which we’ve listed as her highlights below. Anson’s highlights: Laroque, Saintayme, Peymouton, Bel-Air, Haut-Simard, Feytit-Clinet, Le Rey les Rocheuses, Laurence, Petit Bocq, Roquetaillade la Grange, Cantelys, Ferrande, Angludet, Mejean, De Pez, Fonbadet, Haut-Bages Libéral, Domaine les Sadons, Finegrave, La Fleur Lauga, Larrivaux, Bel Air Gloria, Cap Leon Veyrin, G d’Estournel, G de Guiraud, Charmes-Godard, Clos Floridène, L’Exuberance Blanc Read Anson’s full report, notes and scores LISA PERROTTI-BROWN MW – THE WINE INDEPENDENT  With some major releases arriving earlier than anticipated, Lisa Perrotti-Brown MW initially published a “teaser” article on the year, with notes and scores for wines that had been released or were set to be in the coming days, including more detail on Cheval Blanc, Angélus, the Barton stable and Beychevelle. In her notes on early releases, Perrotti-Brown writes that 2022 was “a faith-affirming vintage for Bordeaux growers” – proving that the region could handle climate change. She highlights the surprising consistency from the year, as well as “a luminosity… that defies what we thought we knew about Bordeaux varieties”. With “its myriad of earthy, nuanced, soft-spoken, shimmery expressions”, it’s “a vintage that Bordeaux fans and serious collectors will want to seek out”. In her full report, released a week later, Perrotti-Brown declares 2022 “a classic, great Bordeaux vintage”. Echoing our findings, she notes that there are no rules in this vintage – picking dates varied significantly, and yet drastically different approaches resulted in excellent wines. She believes that a minority of wines (less than 10% of what she tasted) were acidified which is not in itself problematic, but where it has been done poorly, it shows. She also argues that the record-high percentages of press wine leads to a ruggedness to the tannin structure of some wines. Despite these two quibbles, she was “surprised by how consistent [she] found the wines from top to bottom”, in terms of quality – but she feels, like Galloni, that the heterogeneity of the vintage comes through in the style of the wines. Overall, however, she finds the wines fuller-bodied, high in tannin and quite high in alcohol, but with no dried-fruit character, instead showing impressive bright, red fruit and florals – even if the acidity is relatively low. Stand-out appellations are tricky, but she points to Saint-Emilion’s limestone plateau and areas off it, as well as parts of Castillon, Fronsac and Entre-Deux-Mers with similar bedrock. She writes: “There are many beautiful wines from the Right Bank and Pessac-Leognan, but the top wines of the Médoc are astonishingly great in 2022. If you love Cabernet Sauvignon, you may want to pay special attention to this vintage because the results, in some cases, are mind-blowing.” Perrotti-Brown highlights that the vintage allowed “properties on the peripheries of ‘great terroir’” to thrive this year – and she pulls out a list of estates falling in this category that are likely to offer good value in 2022, which we’ve featured as her highlights below. Perrotti-Brown’s highlights: Branas Grand Poujeaux, Cantemerle, Cantenac Brown, Capbern, Clos Cantenac, Clos de Sarpe, Clos du Clocher, Clos Lunelles, Cos Labory, Couhins-Lurton, D’Arce, De Carles, Haut Carles, De Pez, Fonroque, Fontenil, Fourcas Hosten, Grand-Puy-Lacoste, Gros Caillou, Le Promenoir, Haut-Bages Monpelou, Haut-Simard, Jean Faure, Kirwan, La Mouline, La Mouline Totem, La Rose Perrière, La Vieille Cure, Lafon-Rochet, Lassegue, Latour-Martillac, Les Trois Croix, L’If, Malescasse, Marjosse, Maucaillou, Mauvesin Barton, Montlandrie, Meyney, Pavillon Rouge, Phélan-Ségur, Poesia, Potensac, Siran, Tour Bayard, Tour Bayard l’Angelot, Tour Saint-Christophe, Vermont, Cuvée Prestige Read Perrotti-Brown’s full report, notes and scores on The Wine Independent NEAL MARTIN – VINOUS After the requisite satirical introduction, Martin launches into his report emphasising his frustration at estates’ insistence that he tastes at the château itself, rather than at larger tastings – something he feels is under the belief that it will lead to higher scores. He argues that the anticipated vintage is subject to some fairly typical hyperbole. Although he emphasises that the vines seemed “in verdant rude health” prior to harvest, he’s not convinced that the heat and drought had no impact – as some producers, he suggest, argue. He references the increased use of press wine on the Left Bank, something he attributes to the influence of superstar consultant Eric Boissenot. As to the wines themselves, he seems reluctant to offer glowing praise, but writes that, “The crème de la crème is blessed with kaleidoscopic aromatics, intense fruit, finely-sculpted tannins, structure, elegance and length. Above all, contrary to what the growing season implied, they are suffused with freshness.” These are wines that “dazzle”. He feels however that – and contrary to others – that “terroir is not the be-all and end-all” but instead “a guiding hand” which results in “a partial flattening of the hierarchical pyramid”. Although he sings the praises of the best wines in 2022, he caveats this by saying some wines are “sweet ‘n’ sour”. This he attributes to “human error” and picking dates in particular, with the phenolic and sugar ripeness not always matching up. He feels that it was a season that demanded producers’ “A game”. He found Left and Right Bank are fairly equal in the year, but Saint-Julien was a particular standout. He finds the wines “unabashedly floral”, perfumed and black- rather than red-fruited. He highlights the powdered texture of the tannins in the vintage, as well as the unexpected freshness in the best wines. Most importantly, he emphasises that these are wines for long-term ageing. It’s a far from simple vintage, but, as he concludes, “If you could keep a leash on all that potential energy, greatness was in the offing.” Martin’s highlights: Brane-Cantenac, De Fargues, Haut-Bages Libéral, L’Eglise-Clinet, La Conseillante, Léoville Barton, Phélan-Ségur, Pichon Baron, Ségla, Sénéjac, Vieux Château Certan Read Martin's full report, notes and scores on Vinous Find out more about the vintage and browse all the latest Bordeaux 2022 releases

After weeks and months of tasting, the world’s leading wine critics are announcing their verdict on the latest Bordeaux vintage. Here you’ll find a round-up of what they’re all saying, with a summary of each report and the wines they rated most highly, updated and added as they’re released

Your crib-sheet to what the world’s leading wine critics are saying about Bordeaux 2022 en primeur – including Wine Advocate, Vinous, Decanter and more

Bordeaux 2022 – critics’ round-up

Bordeaux 2022: what the critics are saying

È difficile fare affermazioni generali su un'annata come il 2023 a Bordeaux. Dopo la nostra panoramica dell'annata, approfondiamo ulteriormente l'argomento, suddividendolo per comune per offrire una panoramica su come ogni sottoregione si è comportata in questa singolare annata.

Bordeaux 2023: a breakdown of the vintage by region, with top picks from Saint-Estephe, Pauillac, Margaux, Saint-Julien, Saint-Emilion and Pomerol 

Bordeaux 2023 – breaking the year down by commune

Bordeaux 2023: l'annata per comune

Meyney

Saint-Estèphe

Account

Il Suo accesso è limitato a causa della Sua età.

Accesso vietato

Deve avere l'età legale per visualizzare questa pagina. Verifichi la sua età per accedere.

Ha l'età legale per acquistare alcolici?

A causa della quantità richiesta per la consegna, consigliamo di utilizzare una spedizione tramite terzi. Se procedi con la nostra spedizione, potrebbe esserci un ritardo rispetto alla data di spedizione selezionata.

A causa della quantità richiesta per la consegna, consigliamo di utilizzare una spedizione tramite terzi. Se procedi con la nostra spedizione, non potrai definire una data di spedizione e ti contatteremo per organizzare la consegna.

La tua richiesta dordine verrà annullata. Sei sicuro di voler procedere?

A causa della quantità richiesta per il ritiro, potrebbe esserci un ritardo nel soddisfare la data di ritiro richiesta.

A causa della quantità richiesta per il ritiro, non è possibile definire una data di ritiro in questa fase. Il nostro team si coordinerà con il magazzino e ti contatterà direttamente per confermare una data di ritiro adeguata.

Per ordini di alto valore consigliamo la spedizione con un corriere terzo. Gli articoli spediti tramite terzi rimarranno in OWC fascettate.

A causa della quantità richiesta, non potrai selezionare una data di ritiro. Ti preghiamo di inviare la richiesta e ci coordineremo con il nostro magazzino per confermare direttamente con te la data di ritiro.

A causa della quantità richiesta, non è possibile procedere con l'acquisto. Ti preghiamo di selezionare un servizio di terze parti oppure di modificare la quantità (è consentito un massimo di 48 pezzi).

A causa della quantità richiesta, non sarà possibile selezionare una data di spedizione al checkout. Ti preghiamo di inviare la richiesta e ci coordineremo con il nostro magazzino per confermare direttamente con te la data di consegna.

Fino a 499 bottiglie in deposito, la tariffa è di 39¢/bottiglia al mese oppure un addebito mensile minimo di 50 $ (copre fino a 142 bottiglie). Per oltre 500 bottiglie, la tariffa di stoccaggio è di 35¢/bottiglia al mese.

Tariffa di stoccaggio standard

Selezionando la spedizione tramite terzi, ti assumi la piena responsabilità del rispetto di tutte le normative e autorizzi Vinfolio a trasferire gli articoli alla parte indicata nelle tue istruzioni. Gli articoli spediti tramite terzi rimarranno nel loro imballaggio originale.

Gli orari di ritiro sono tra le 8:30 e le 12:00 e tra le 13:30 e le 16:30, dal lunedì al venerdì. I vini al Will Call che non vengono ritirati entro 10 giorni lavorativi saranno trasferiti in deposito e soggetti a una tariffa di stoccaggio di 1,50 $ per bottiglia.

Gli articoli verranno reperiti e spediti al nostro deposito di vini all'avanguardia per la migliore conservazione possibile, dove potrai organizzare il ritiro presso il nostro indirizzo di magazzino a Napa.

Ritiro in sede (Napa)

Hai inserito la password errata troppe volte. Il tuo account è stato temporaneamente bloccato. Attendi cinque minuti prima di riprovare.

Password dimenticata

Siamo nelle fasi finali dellaggiornamento alla nostra nuova piattaforma di trading. Come parte di questa transizione, stiamo attualmente migrando tutti gli inventari di proprietà dei clienti per garantire unesperienza fluida e senza interruzioni.

La nostra nuova e migliorata piattaforma sarà pronta per te venerdì 4 aprile.

Grazie per la tua pazienza — non vediamo lora di mostrarti cosa arriverà.

Ops, qualcosa è andato storto

Non abbiamo trovato nulla da mostrare qui.

Non abbiamo trovato alcun risultato da mostrare qui.

Si prega di notare: potrebbero essere applicati costi di consegna, dazi e IVA

Il nostro sito è temporaneamente in manutenzione.

Modalità manutenzione

La pre-autorizzazione di un metodo di pagamento consente al tuo Account Manager di effettuare pagamenti per tuo conto, senza verifica del pagamento.

Pre-autorizza

Questa transazione è stata bloccata per un errore di autenticazione.

Errore di autenticazione

La tua carta di pagamento è scaduta. Controlla i dati e riprova.

Carta scaduta

Fondi insufficienti per saldare l'importo. Controlla i dati e riprova.

Fondi insufficienti

Questa transazione è stata bloccata dal fornitore di pagamenti per possibile attività fraudolenta.

Transazione bloccata

Scegli un metodo di pagamento diverso e riprova.

Errore sconosciuto

mostra tutti gli articoli che attualmente conservi con noi. Questi articoli possono essere venduti, consegnati o trasferiti.

Presso {shortName}

La tua allocazione verrà annullata. Sei sicuro di voler continuare?

Il tuo articolo pre-ordinato verrà eliminato. Sei sicuro di voler continuare?

La tua richiesta di consegna verrà annullata. Sei sicuro di voler procedere?

rappresenta tutti i vini che sono in tuo possesso e che sono stati consumati.

Questo è il prezzo che hai pagato per questo articolo.

Prezzo di costo

Dopo aver aggiunto il nuovo indirizzo, verrai reindirizzato a questa pagina.

Crea un nuovo indirizzo

La tua notifica verrà eliminata. Sei sicuro di voler continuare?

Il prezzo minimo al quale sei disposto a vendere. Se il prezzo di listino scende al di sotto di questo valore, la tua inserzione verrà rimossa.

mostra tutti gli articoli che hai pre-ordinato, inclusi i vini en primeur, e tutti gli articoli nella tua watchlist.

Futures

È possibile impostare un prezzo minimo per gli articoli in vendita basato su una percentuale del valore netto unitario attuale.

mostra tutte le azioni che hai effettuato sugli articoli nel tuo Portafoglio.

Storico

mostra tutti gli articoli attualmente in transito da o verso {shortName}.

In transito

La consegna locale è gratuita per ordini superiori a 1.800 HK$ (in un'unica destinazione). Per ordini inferiori a questo importo, la consegna costa 150 HK$ fino a quattro casse e 50 HK$ per ogni cassa aggiuntiva.

Le spedizioni partono da €25 in Italia e da €45 verso la Svizzera e il resto d’Europa per un massimo di 48 bottiglie (75 cl). I costi variano in base alla destinazione. Per spedizioni più grandi è possibile richiedere un preventivo.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro negozio al 22° piano, 8 Wyndham Street, Central Hong Kong.
Gli orari di ritiro sono dalle 9:30 alle 18:00, da lunedì a venerdì.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro magazzino STI INTERNAZIONALE SPA, in Viale del Lavoro 57, 37051 Bovolone, Verona.
Gli orari di ritiro sono dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 13:30 alle 17:30, dal lunedì al venerdì. Siamo chiusi nei giorni festivi.

rappresenta tutti i vini attualmente presenti nel tuo Portafoglio che non sono conservati con noi. Premi l'icona

La mia cantina

Nome

Prezzo netto

Non hai alcuna fattura in questo momento.

mostra tutti gli articoli del tuo Portafoglio che sono attualmente sul mercato.

In vendita

mostra tutti gli articoli attualmente presenti nel tuo Portafoglio. Da questa pagina puoi eseguire azioni individuali su di essi.

Panoramica

mostra tutti gli articoli attualmente in attesa di un'azione da parte dell'utente.

In sospeso

Questo è il prezzo di mercato dinamico dell'articolo al netto del margine di negoziazione.

I pagamenti pre-autorizzati consentono transazioni automatiche per tuo conto, garantendo pagamenti fluidi e senza complicazioni. Questo permette di elaborare addebiti ricorrenti, abbonamenti o pagamenti programmati senza approvazione manuale ogni volta.

Il numero di casse che desideri mettere in vendita

Il tuo articolo del catalogo verrà archiviato. Sei sicuro di voler continuare?

Prima di richiedere la consegna, puoi modificare la quantità per ciascun articolo nella tua selezione qui sotto.

*Il prezzo di mercato è dinamico e può variare. Al momento della vendita, dal prezzo finale sarà detratta una commissione di negoziazione del 10%.

Prezzo di mercato totale*

Dividi in {caseSize} singole bottiglie da {bottleSize}cl.

Titolo

Profilo

Questo articolo si trova presso FINE+RARE.

Questo articolo si trova presso FINE+RARE HOME Hong Kong, ed è disponibile per la consegna o il ritiro in sede. La maggior parte delle consegne a Hong Kong può essere effettuata entro 3 giorni lavorativi; la data esatta sarà comunicata al momento dell'organizzazione della consegna. Le consegne internazionali richiedono tempi più lunghi, ti preghiamo di contattarci per maggiori dettagli.

I vini venduti en primeur saranno rilasciati dal produttore dopo limbottigliamento, tipicamente 18 mesi dopo la fine della cosiddetta campagna. Il tuo vino sarà poi conservato da FINE+RARE in un deposito doganale fino a quando deciderai di richiederne la consegna.

Reperiremo questo articolo attraverso la nostra rete di fornitori e ne organizzeremo la spedizione a FINE+RARE.
 I tempi di consegna dipendono da molte variabili, ma una stima media è di 6-12 settimane.
 Una volta confermato lordine, ti terremo aggiornato sulla data di arrivo prevista.
 Ogni articolo viene controllato al momento della ricezione dal nostro team di esperti, con fotografie disponibili su richiesta (si prega di notare che potrebbero essere applicati dei costi).

Meyney

Filtro

Attendere prego

Articoli correlati