Di proprietà della famiglia Castéja (di Ch. Batailley), questa tenuta ospita alcune delle viti di Cabernet Franc più antiche della regione, con alcune piantagioni pre-fillossera che hanno più di 150 anni.

Ch. TrotteVieille

Scopri i vini di Ch. TrotteVieille, tenuta di Saint-Emilion di proprietà della famiglia Casteja di Ch. Batailley e Lynch-Moussas

Esplora il cap. Vini della TrotteVieille, Saint-Emilion

This week saw the latest iteration of Saint-Emilion’s controversial classification unveiled. The classification has been caught up in legal battles, with many of the region’s leading properties deciding to abandon the system altogether. In fact, three of the four top estates previously classified as Premier Grand Cru Classé A – Ch. Ausone, Ch. Cheval Blanc and Ch. Angélus – all jumped ship, with La Gaffelière (a Premier Grand Cru Classé B estate) also leaving.  The 2022 classification has been much anticipated and it’s brilliant news for Ch. Figeac – who were the only estate promoted to the top rank of Premier Grand Cru Classé A, joining Ch. Pavie. This estate has long been one of the top performers in the appellation, with recent vintages consistently impressing consumers and critics alike. They’ve long been tipped for promotion, and it’s great to see the quality of their wines officially recognised.  Several estates were promoted to Grand Cru Classé, with a new total of 71 estates earning the honour, including FINE+RARE favourite Ch. Tour Saint Christophe. Other promoted estates include: Ch. Badette, Ch. Boutisse, Ch. Corbin Michotte, Ch. Croix de Labrie, Ch. Guadet, Ch.l a Confession, Ch.la Croizille, Ch. Mangot, Ch. Montlabert, Ch. Montlisse, Ch. Rol Valentin, Ch.Tour Baladoz, Clos Badon Thunevin, Clos Dubreuil, Clos Saint-Julien and Lassegue  Find the full list of the Premier Grand Cru Classé estates as classified in 2022 below.  The new 2022 Saint-Emilion classification  Premier Grand Cru Classé A  Ch. Pavie Ch. Figeac Premier Grand Cru Classé B  Ch. Beau-Séjour Bécot Ch. Beauséjour Duffau-Lagarrosse Ch. Bélair-Monange Ch. Canon Ch. Canon-la-Gaffelière Ch. Larcis Ducasse Ch. Pavie Macquin Ch. Troplong Mondot Ch. TrotteVieille Ch. Valandraud Clos Fourtet La Mondotte Read more about the Saint-Emilion classification or browse all Bordeaux listings 

After a long wait and much controversy, the new 2022 Saint-Emilion classification has been unveiled


The new order for the Right Bank appellation is revealed: with one estate promoted to the top rank of Premier Grand Cru Classé A

The new 2022 Saint-Emilion classification

The 2022 Saint-Emilion classification

Maylis Marcenat non rientra nello stereotipo del produttore bordolese. Vivace, con i piedi per terra e umile, è la più tranquilla che ci sia. È la quarta generazione della sua famiglia a gestire Clos de Sarpe, una piccola tenuta Grand Cru Classé Saint-Emilion che da tempo è passata sotto il radar. 
La storia del Clos de Sarpe 
Il nome Clos de Sarpe compare per la prima volta nel 1897, dato da un certo signor A. Ducarpe alla sua proprietà sull'altopiano della Sarpe. Il barone Henri du Foussat de Bogeron acquistò il vigneto nel 1905, unendolo ai vitigni della vicina Badette per creare Ch. Haut-Sarpe. Jean Beyney acquistò Clos de Sarpe nel 1923 e fece rivivere il nome originale. Suo figlio, Yvan Beyney, subentrò nel 1952, che a sua volta passò la proprietà a suo figlio Jean-Guy Beyney nel 1986. Jean-Guy possiede ancora oggi la tenuta ma si ritirò nel 2021, cedendola a Marcenat, che è sua nipote. (Jean-Guy ha un figlio, Charles, che dà il suo nome al secondo vino della proprietà e alla fine erediterà Clos de Sarpe ma non è interessato a gestirlo giorno per giorno.) 
Lo stile dei vini Clos de Sarpe attraverso i secoli 
Lo stile e la vinificazione si sono evoluti nel tempo, con ogni generazione che ha lasciato la propria impronta sui vini. Inizialmente il vino veniva fermentato tutto a grappolo intero, con lunghe macerazioni (dai 40 ai 50 giorni) e trascorreva diversi anni in vasche di cemento prima dell'imbottigliamento. In effetti, sotto Yvan, ciò continuò. Vendeva vino solo a coloro che sapevano conservarlo correttamente, e come tali alcuni vini trascorrevano lunghi periodi di tempo in cisterne: ad esempio il 1966 rimase nel cemento per 10 anni. Yvan cercava la purezza del frutto, raccogliendolo relativamente tardi (era sempre orgoglioso di dire di aver raccolto contemporaneamente a Figeac, dice Marcenat) e non usava mai il rovere. I vini erano duri in gioventù, avevano bisogno di tempo per ammorbidirsi, ma avevano una grande stabilità grazie al loro lungo affinamento. 
Sotto lo zio di Marcenat, arrivato nel 1986, le cose iniziarono a cambiare – con la fine degli anni ’90 un momento cruciale. Jean-Guy predilige vini potenti e ha ridotto la quantità di tempo che i vini trascorrono in vasca, introducendo la diraspatura (gradualmente, dal 1997, all'inizio tutta fatta a mano) e botti di rovere – con l'élevage che è passato da tutto cemento a rovere nuovo al 100% tra il 1997 e il 1999. Ha assunto Michel Rolland come consulente a partire dal 1998, e ha ridotto le rese – raccogliendo un massimo di 25hl/ha. 
Nel 2005, Jean-Guy ha introdotto un diraspatore meccanico e una cernita densimetrica, entrambi i quali hanno contribuito a un cambiamento significativo nella qualità, e tutto è stato diraspato dal 2010, per incoraggiare un profilo tannico più rotondo in gioventù. Nel 2012, alla proprietà è stato concesso lo status di Grand Cru Classé, riconoscendo i loro sforzi. Marcenat è entrata ufficialmente nel team nel 2014, portando la propria visione, spingendo per ulteriori cambiamenti a partire dal 2016 e assumendone infine il pieno controllo nel 2021. 
Clos de Sarpe oggi 
I vigneti di Clos de Sarpe si estendono per 3,68 ettari, tutti in un blocco sull'altopiano di Sarpe ed esposti a sud/sud-est, a solo un chilometro dal villaggio di Saint-Emilion stesso e vicino sia a TrotteVieille che a Troplong Mondot, così come a Sansonnet e Haut-Sarpe. 
Qui il terreno superficiale è sottile – solo 20 cm in alcuni punti – e si trova su un substrato roccioso calcareo, che contribuisce all'elevata acidità dei vini (normalmente con un pH basso di 3,2-3,4). Oltre la metà del vigneto ha tra i 60 e gli 80 anni, con il Cabernet Franc più vecchio che ha ormai più di 100 anni, piantato dal prozio di Marcenat nel 1923. 
L'età della vite si combina con il substrato roccioso calcareo per aiutare questo sito a resistere a condizioni calde e secche: un vantaggio particolare quando il clima cambia. Il calcare agisce come una spugna, trattiene l'acqua, e le radici penetrano in profondità nel substrato roccioso, accedendo a queste riserve. Le rese sono naturalmente basse data l'età delle viti, e le annate recenti hanno visto alcune rese minuscole, ma Marcenat punta a circa 35 hl/ha in una buona annata (più che sotto suo zio e l'influenza di Rolland). 
Per preservare l'età del vigneto, Marcenat sta gradualmente iniziando a reimpiantare il sito. Come parte di questo progetto, ha aggiunto un po' più di Cabernet Franc e una piccola porzione di Petit Verdot. Precedentemente 85% Merlot e 15% Cabernet Franc, oggi il vigneto comprende 78% Merlot, 20% Cabernet Franc e 2% Petit Verdot.
La famiglia ha sempre lavorato in modo biologico, senza mai utilizzare pesticidi o erbicidi, ma il vigneto è ufficialmente certificato dalla vendemmia 2020, cosa di particolare importanza per Marcenat. Per lei il lavoro si svolge tutto in vigna piuttosto che in cantina e la filosofia è molto borgognona, mantenendo tutto il più semplice possibile. 
La squadra è piccolissima e Marcenat fa quasi tutto da sola, coadiuvata da Frank Bartolomucci. Oggi la frutta viene raccolta tutta a mano, refrigerata durante la notte, diraspata e poi cernita per densità. Ogni parcella viene vinificata separatamente, la maggior parte fermenta nelle vasche di cemento utilizzate dagli anni '50, tuttavia il Cabernet Franc più vecchio viene fermentato in botti di rovere nuove da 600 litri. Usa solo lievito indigeno quindi le fermentazioni sono lente, almeno 10 giorni in genere. I tempi di macerazione sono lunghi, normalmente il vino trascorre sui 40 giorni, e fino a 50 giorni sulle bucce, a seconda delle annate, ma con un'estrazione molto delicata. La fermentazione malolattica può essere impegnativa con il basso pH, quindi deve regolarmente inoculare per forzarla (la malolattica è essenziale per la stabilità del vino, in particolare per il vino destinato a un lungo invecchiamento). 
La porzione di rovere nuovo è stata attenuata, con Marcenat che invecchia il vino per un anno in circa il 70% di rovere nuovo, con il resto in botti di secondo riempimento (e occasionalmente un po' di cemento se necessario). Viene poi assemblato e affinato in cemento per circa sei mesi prima dell'imbottigliamento senza filtrazione. Il rovere è costituito da botti borgognone da 228 litri (rispetto ai tradizionali 225 litri di Bordeaux), in gran parte Tronçaisoak del bottaio Taransaud. Marcenat ritiene che le botti borgognone si abbinino meglio al vino, apprezzando le doghe più spesse e la stagionatura più lunga (30 mesi contro i 24 della norma per Bordeaux). 
I vini Clos de Sarpe oggi 
Clos de Sarpe produce due vini: l'omonimo Grand Vin e un secondo vino, Charles de Sarpe, introdotto nel 1997, dal nome di Charles Beyney, figlio di Jean-Guy e cugino di Marcenat. Fino all'annata 2015 compresa, il secondo vino era un saignée del Grand Vin, utilizzato per aumentare la concentrazione del Grand Vin. Da allora, è stato prodotto solo in alcune annate quando c'erano abbastanza frutti per produrre un secondo vino, come il 2019 e il 2023. 
Mentre la maggior parte dei produttori parlerà della freschezza dei loro vini provenienti dal Cabernet Franc, per Marcenat è il Merlot a portare l'acidità, mentre il Cabernet Franc fornisce la struttura del vino. 
Degustando Clos de Sarpe negli anni '60, la freschezza del sito traspare costantemente, così come una distintiva mineralità terrosa. La purezza di un vino come il 1966 è straordinaria – e regge magnificamente anche oggi. Si possono ancora vedere le tracce dell'immensa struttura che i vini 1975 e 1988 devono aver avuto in gioventù, fornendo oggi una presa gentile insieme alla loro gustosa intensità. Mentre i vini avevano uno stile significativamente più potente alla fine degli anni '90 e negli anni 2000, quella potenza sembra equilibrata oggi, il rovere nuovo al 100% integrato e discreto - e il 2001 particolarmente straordinario. Le annate 2010 e 2015 di Charles de Sarpe sono vini meravigliosi, con una sensazione più morbida ed eleganza: un succo che sarebbe degno di molti Grands Vins. 
Questi vini un tempo erano conosciuti per la loro potenza e forza, ma Marcenat ha modificato lo stile, appoggiandosi alla naturale freschezza del sito. Cerca tannini setosi e una purezza che renda i vini più accessibili in gioventù. È, ti dirà, molto semplicemente il vino che le piace e che vuole fare. Degustare i vini en primeur da quando lei è subentrata suggerisce che qui ci aspettano solo cose buone. Ad ogni annata, l'impronta di Marcenat sui vini sembra più chiara e la qualità smentisce le condizioni della stagione di crescita, a testimonianza sia del suo talento che del terroir. 
Una nota sulle etichette del Clos de Sarpe 
Come puoi vedere nella line-up di questa degustazione (sotto), le etichette sono cambiate nel corso degli anni. I vini più antichi prodotti da Yvan Beyney portano un'etichetta molto tradizionale, che è cambiata nel 1986 per avere un bordo blu quando Jean-Guy (zio di Marcenat) è subentrato. Quando lo stile del vino cambiò negli anni '90, Jean-Guy cambiò nuovamente l'etichetta (dall'annata 1998) con una con bordo in lamina d'oro. L'etichetta attuale è stata introdotta nel 2012 quando la proprietà ha ottenuto lo status di Grand Cru Classé. 
La degustazione verticale: Clos de Sarpe 1966-2015 
2015 Charles de Sarpe: Maylis Marcenat ricorda vividamente la vendemmia 2015, poiché è avvenuta nello stesso periodo in cui ha dato alla luce le sue figlie gemelle. È stata l'ultima annata in cui il secondo vino è stato prodotto come saignée del Grand Vin, riecheggiando le sue proporzioni di 85% Merlot e 15% Cabernet Franc, ed effettivamente una versione meno potente, invecchiata in 50% rovere nuovo e 50% rovere di un anno. Il vino è ancora agile e vibrante, offrendo al naso frutti di bosco rossi brillanti. Al palato mostra toni più saporiti, con prugna rossa macerata e un sottile strato gessoso di tannini, tagliati da un'acidità brillante che conduce fino a un finale appetitoso. Questo è in un posto bellissimo adesso. 
Clos de Sarpe 2015: La tipica miscela di 85% Merlot e 15% Cabernet Franc (come ogni annata mostrata in questa verticale), il Clos de Sarpe 2015 è stato invecchiato in rovere nuovo al 100%. Come si può intuire dall'élevage e dalla potenza dell'annata, questo non è un vino timido e riservato, tuttavia l'acidità tipica di Clos de Sarpe si fa strada attraverso il suo nucleo e bilancia l'intensità del vino. Si sente ancora giovane, ricco di frutti di ciliegia scura sul naso compatto, che gradualmente offre toni più dolci e profumati con il tempo nel bicchiere. C'è solidità al palato - con una massa di frutta ricca e concentrata, ma c'è anche una succosità qui lo rende appetitoso, con una dolce carnosità. È rotondo e pieno, con una salda presa di tannino sul finale. Travasalo per godertelo adesso, con molta aria, ma questo si svilupperà nel prossimo decennio e oltre. 
2010 Charles de Sarpe: L'annata 2010 è stata la prima in cui i frutti sono stati tutti diraspati a Clos de Sarpe. Degustando il secondo vino con l'enologo Maylis Marcenat, non può fare a meno di chiedersi perché suo zio non abbia messo un succo così meraviglioso nel Grand Vin. Ora è un bell'esempio flessibile e maturo di Saint-Emilion: il naso sottile, che si sposta tra frutta dolce, fiori accentuati e complessità di tartufo nero. Il palato è lungo ed equilibrato, meravigliosamente risolto, senza soluzione di continuità e morbido, ancora con una freschezza appetitosa e un tocco minerale terroso nel lungo finale. Bello. 
Clos de Sarpe 2001: questo è stato un vino eccezionale nel nostro verticale e un vino che occupa un posto speciale per Marcenat. Come ci ha detto, "Per me è meglio del 2000 - con più freschezza, più equilibrio, più tutto". Il nuovo rovere al 100% è integrato, con il naso che mostra ora molta complessità terziaria: ferro, sousbois e una sottile fogliame si mescolano con il frutto della fragola ancora fresco e morbido. C'è trasparenza qui, ma ancora molta concentrazione: il palato è ancora agile con frutti rossi morbidi e succosi e un'acidità elevata e succosa che sostiene il frutto e riempie il lungo finale, completato da una nota terrosa. Superbo. 
1998 Clos de Sarpe: questa è stata una delle prime annate ad essere invecchiata in rovere, vedendo l'80% di legno nuovo per il suo élevage. È stata una grande annata per la Rive Droite, come dimostra questo vino. Il Clos de Sarpe del 1998 è meravigliosamente maturo, con aromi saporiti e coriacei e frutti di rovo più scuri rispetto al 2001 più fruttato rosso mostrato a fianco. Al palato ha una saporita cucitura di ferro, i tannini offrono ancora una soddisfacente presa gommosa per incorniciare il succoso frutto della siepe. Questo è sbocciato nel bicchiere, rivelando ulteriore complessità e vivacità. Lungo, equilibrato e molto impressionante. 
Clos de Sarpe 1988: L'annata 1988 ha offerto poche sfide ed è un'annata abbastanza classica. Viene dall'epoca in cui il Clos de Sarpe veniva fermentato tutto a grappolo intero e non vedeva rovere (invecchiato solo in cemento) - come con le due annate seguenti. All'inizio questo vino aveva un leggero sentore di muffa, ma gradualmente il vino ha rivelato il suo vero carattere, con frutta dolce e secca e note intense e salate - una ricchezza di umami che ricorda la marmite. C'è ancora una struttura e una potenza sorprendenti qui, anche se il vino non è così concentrato come, ad esempio, nel 1998. L'acidità mantiene il sapore fresco, con sentori di tartufo e sottobosco persistenti nel finale. 
Clos de Sarpe 1975: è stato tappato nuovamente nel 2020. L'annata 1975 ha prodotto alcuni vini particolarmente tannici - e qui si può ancora sentire la struttura dell'anno, con una presa fenolica che incornicia il palato. Il naso è intensamente sapido, attraente per gli amanti del Bordeaux vecchia scuola con cortile e pelle di cavallo, rivelando gradualmente un tocco erbaceo - qualcosa di quasi simile al mentolo. Sebbene questo sia decisamente terziario nel profilo, c'è ancora vivacità al palato, con morbide ondate di frutta e un finale dal bordo ferroso. 
Clos de Sarpe del 1966: alcune annate più vecchie di Clos de Sarpe hanno trascorso lunghi periodi di tempo in vasca prima dell'imbottigliamento, come nel caso di questa 1966, che è rimasta in cemento per quasi 10 anni. È stato tappato nel 2019 ed è un vino straordinario che sta cantando oggi. Il naso offre ancora una sorprendente purezza di frutta: morbida prugna cotta e frutti di rovo più profondi, così come saporiti sousbois e, con il tempo nel bicchiere, liquirizia e un'intensità quasi marmite. È maturo e vibrante, con una freschezza sorprendente al palato, i tannini sono perfettamente integrati con il frutto dolce. Lungo, morbido ed equilibrato, un bel vino da bere adesso. Esplora tutti gli annunci attuali di Clos de Sarpe o leggi di più su Bordeaux

Pochi conoscono Ch. Clos de Sarpe – e ancora meno ne hanno seguito l’evoluzione recente. Abbiamo incontrato Maylis Marcenat, quarta generazione alla guida della tenuta di 3,7 ettari, per una degustazione verticale e per esplorare l’identità del sito attraverso i secoli.

Exploring the evolution of this tiny Saint-Emilion estate through a six-decade vertical tasting of the wines with winemaker Maylis Marcenat 

Tasting through six decades of Ch. Clos de Sarpe 

Sessant'anni di Clos de Sarpe

While Bordeaux’s Left Bank was classified in 1855, the Right Bank didn’t establish an equivalent ranking until the 1950s. There are classifications for the Graves, Sauternes and Barsac, as well as the Médoc across the Gironde, but it is only Saint-Emilion that has been classified on the Right. How does Saint-Emilion’s classification work?  The classification was first established in 1955, dividing the appellation’s properties into three levels of quality based on a scoring system. The top wines are classified as Premier Grand Cru Classé A, followed by those that are Premier Grand Cru Classé B and then the Grand Cru Classé.  From the beginning, the idea was to try and create a more democratic system that rewarded estates’ efforts and avoided complacency. While the 1855 Classification was assigned to the château – essentially the brand, rather than the wine or specific vineyards (meaning properties could expand and shrink, yet their status wouldn’t change), the Saint-Emilion classification is judged both on terroir and the château’s performance. The classification is also reassessed every 10-15 years, with the most recent update in 2022. How are properties in Saint-Emilion classified?  As mentioned, the ranking of estates is based on a scoring system, out of 20.  For the Premiers Grands Crus Classés, the score is based on: a tasting of 15 vintages (representing 30% of the score); the property’s national and international reputation, its promotion and distribution (35%); the quality and consistency of the terroir (30%); and the property’s approach to viticulture, vinification and traceability (5%). To sit within this bracket, estates must earn 16 out of 20, with the best earning Premier Grand Cru Classé A status.  For the Grands Crus Classés, the score is based on: a tasting of 10 vintages (representing 50% of the score); the property’s national and international reputation, its promotion and distribution (20%); the quality and consistency of the terroir (20%); and the property’s approach to viticulture, vinification and traceability (10%). In essence, there is more focus on the tasting and the property’s practices, and less on terroir or its reputation and representation in the market. To achieve Grand Cru Classé status, a property must earn 14 out of the possible 20 points.  Because there is a detailed assessment of the soils, properties can have some but not all of their land classified. For example, Ch. Angélus had only 27 of its 39 hectares deemed worthy of Premier Grand Cru Classé A and Ch. Canon only has 24 of its 34 hectares classified as Premier Grand Cru Classé B. Why is Saint-Emilion’s classification controversial?  While the intention to try and create a classification system that was both dynamic and about the land was noble, it hasn’t quite worked out that way. There is much debate about the different factors that contribute to a property’s score, with the proportion tied to distribution and marketing a particular point of contention. With its constant evolution, this gives more room for controversy – with anyone demoted inevitably disgruntled. All in all, the result is a legal battleground, with accusations of undue influence and more.   The initial classification took three years to finalise, and it has since been re-drawn in 1969, 1986, 1996, 2006, 2012 and 2022. After the 2006 classification, five estates filed lawsuits against their demotion, while the 2012 only brought more cases to the courts.   Ahead of the 2022 classification, most of the Premier Grand Cru Classé A estates left the classification (Ch. Ausone, Ch. Angélus and Ch. Cheval Blanc), leaving just Ch. Pavie in the top rank of the classification, joined by Ch. Figeac in 2022. Read more about the classification’s recent controversies here. What about Saint-Emilion Grand Cru? Saint-Emilion Grand Cru is – confusingly – very different to Saint-Emilion Grand Cru Classé. This isn’t a classification but an appellation – one that has the exact same geographic area as Saint-Emilion AC.  Properties need to apply to be part of the classification but can otherwise make wine under the area’s two appellations – Saint-Emilion AC or Saint-Emilion Grand Cru AC.   “Grand Cru” status is not tied to the quality of the terroir but dictated by yields (a lower maximum of 40hl/ha), a higher minimum potential alcohol and longer minimum ageing requirements (only permitted to be bottled 16 months after harvest), and must be estate-bottled. The idea is that this leads to a higher-quality, richer wine. The current Saint-Emilion classification The latest iteration of the Saint-Emilion classification was announced in 2022, with just two properties sitting at Premier Grand Cru Classé A level and 12 at Premier Grand Cru Classé B, and 63 Grands Crus Classés. Find the full list of estates below. Premier Grand Cru Classé A Ch. Pavie   Ch. Figeac   Premier Grand Cru Classé B   Ch. Beau-Séjour Bécot  Ch. Beauséjour Duffau-Lagarrosse  Ch. Bélair-Monange  Ch. Canon  Ch. Canon-la-Gaffelière  Ch. Larcis Ducasse  Ch. Pavie Macquin  Ch. Troplong Mondot  Ch. TrotteVieille  Ch. Valandraud Clos Fourtet  La Mondotte  Grand Cru Classé Ch. l’Arrosée   Ch. Balestard la Tonnelle  Ch. Barde-Haut  Ch. Bellefont-Belcier  Ch. Bellevue  Ch. Berliquet  Ch. Cadet-Bon  Ch. Cap de Mourlin  Ch. le Chatelet  Ch. Chauvin  Ch. Clos de Sarpe  Ch. la Clotte  Ch. la Commanderie  Ch. Corbin  Ch. Côte de Baleau  Ch. la Couspaude  Ch. Dassault  Ch. Destieux  Ch. la Dominique  Ch. Faugères  Ch. Faurie de Souchard  Ch. de Ferrand  Ch. Fleur Cardinale  Ch. La Fleur Morange Mathilde  Ch. Fombrauge  Ch. Fonplégade  Ch. Fonroque  Ch. Franc Mayne  Ch. Grand Corbin  Ch. Grand Corbin-Despagne  Ch. Grand Mayne  Ch. les Grandes Murailles  Ch. Grand-Pontet  Ch. Guadet  Ch. Haut Sarpe  Clos des Jacobins  Couvent des Jacobins  Ch. Jean Faure  Ch. Laniote  Ch. Larmande  Ch. Laroque  Ch. Laroze Clos la Madeleine   Ch. la Marzelle  Ch. Monbousquet  Ch. Moulin du Cadet  Clos de l’Oratoire  Ch. Pavie Decesse  Ch. Peby Faugères  Ch. Petit Faurie de Soutard  Ch. de Pressac  Ch. le Prieuré  Ch. Quinault l’Enclos  Ch. Ripeau  Ch. Rochebelle  Ch. Saint-Georges-Cote-Pavie  Clos Saint-Martin  Ch. Sansonnet  Ch. la Serre  Ch. Soutard  Ch. Tertre Daugay  Ch. la Tour Figeac  Ch. Villemaurine  Ch. Yon-Figeac   Read more about Bordeaux or browse all Bordeaux listings 

Bordeaux’s Right Bank wasn’t classified in 1855, but Saint-Emilion introduced its equivalent system in 1955, ranking the appellation’s best properties. Here’s everything you need to know about the Saint-Emilion classification, how properties are ranked – and why it’s so controversial

Everything you need to know about the Saint-Emilion classification – the official ranking of this Right Bank appellation’s top wine estates

Your guide to the Saint-Emilion classification

James Suckling 
 James Suckling è stato il primo a pubblicare la parte uno del suo report, il 15 aprile, prima ancora che la maggior parte fosse atterrata a Bordeaux. Basandosi sul suo assaggio di oltre 900 campioni da botte, è chiaramente un fan dell’annata 2023. 
 “I migliori mostrano equilibrio e freschezza con un centro-palato profondo di frutto maturo e un corredo di tannini levigati,” scrive – dicendo che gli piacciono persino più dei 2022, valutati molto in alto. Ritiene che siano costruiti in modo più classico, con “sensazioni in bocca tese e finali energici” che li rendono “così Bordeaux”. 
 Non è, tuttavia, “un fuoricampo a tutto campo”, con alcuni vini che non eguagliano il 2022 in termini di qualità ai livelli più bassi – ma “i grandi terroir e i grandi enologi hanno consegnato vini di qualità eccellente”. Confronta il 2023 con le annate 2019, 2001 o persino 1990 per i rossi, con alcoli più bassi e livelli di acidità vivaci che li rendono “alcuni dei Bordeaux rossi più luminosi e vivaci che [abbia] assaggiato da anni”. 
 Nella seconda parte del suo report, ha aggiunto il 2016, 1996 o 1995 alla sua lista di annate comparabili – quelle con “frutto maturo ed equilibrato e tannini fermi con alcol leggermente più basso e pH più basso”. Sebbene alcuni abbiano notato “la natura incoerente dell’annata”, non è qualcosa con cui concorda, scrivendo: “Ho riscontrato un livello di qualità molto alto”. Per lui, la loro “trasparenza e freschezza” li ha resi alcuni dei vini più piacevoli da assaggiare en primeur, paragonandoli al 2019 per la loro luminosità. La domanda, naturalmente, è il prezzo – e spera che i produttori lo azzecchino. 
 Gli highlight di Suckling: Canon, Le Pin, Margaux, Pavie, Montrose, Pétrus, Ausone, Cheval Blanc, Cos d’Estournel, Haut-Brion, Hosanna, Lafleur, Latour, Les Carmes Haut-Brion, Mouton Rothschild, Pavie-Macquin, Pichon Comtesse, Smith Haut Lafitte, Trottevieille 
 Leggi la parte uno e due del report di James Suckling, insieme alle sue note e ai punteggi William Kelley – Wine Advocate 
 Per Kelley, il 2023 è “make or break” per Bordeaux in termini di prezzi, avvertendo che se i prezzi non scenderanno in modo significativo “tempi difficili sono all’orizzonte”, ma è chiaro sulla qualità dei vini: “I migliori 2023 sono emozionanti quanto i migliori 2022”. 
 Ripercorrendo la stagione vegetativa, sottolinea come il tempo tra fioritura e vendemmia sia stato tipico – il che significa che i migliori combinano “la profondità, la densità e i tannini maturi di un’annata soleggiata ma anche gli aromi e i sapori vivaci ed espressivi di una stagione più tradizionalmente ‘atlantica’”. La peronospora ha influito sulle rese in alcuni casi, ma sembra che per lui le date di raccolta e la cernita siano state quelle che hanno maggiormente influenzato la qualità dell’annata. 
 È “un’annata ibrida”, dice – che combina i caratteri sia delle annate moderne e soleggiate sia di quelle più tradizionalmente classiche. Offrono “tannini pienamente maturi e sensazioni di bocca setose e senza soluzione di continuità” ma “aromi e sapori vivaci, evocativi di frutti e fiori freschi” – eppure sono “ben lontani dall’essere frivoli” con la struttura e il pH che consentiranno loro di invecchiare. Coloro che hanno raccolto un po’ presto hanno prodotto vini dominati dal loro tannino, tuttavia in generale questa è un’annata che “ha tende[n]zialmente amplificato la voce di ogni tenuta e terroir”. 
 Come l’anno scorso, le recensioni individuali sono state divise tra Kelley e Yohan Castaing – quindi ci sono note di entrambi. 
 Gli highlight del Wine Advocate: Lafleur, Cheval Blanc, La Conseillante, Montrose, Pétrus, Pichon Comtesse, Lafite Rothschild, Les Carmes Haut-Brion, Pontet-Canet, Beau-Séjour Bécot, Beauséjour, Figeac, Canon 
 Leggi il report completo del Wine Advocate, le note e i punteggi Lisa Perrotti-Brown MW – The Wine Independent 
 Sulla scia della sua copertura preliminare, Lisa Perrotti-Brown MW ha pubblicato il suo report completo. Sottolinea l’imprevedibilità della stagione di crescita, un “gioco di Jumanji” che comportava “un elemento di fortuna legato al lancio dei dadi” quando si trattava di pioggia. Pur sottolineando che non è stata “una grande stagione di crescita ‘classica’ né una coerente”, ci sono “alcuni vini dallo stile classico ai vertici della grandezza” che sono “emersi dalla giungla di Bordeaux 2023”. 
 È, dice, un’annata “in cui il diavolo sta nei dettagli”, con questi dettagli che rivelano perché alcuni hanno trionfato e altri no. Fa eco ad altri descrivendo il carattere più classico dell’anno, “consegnando stili più freschi, più eleganti, energici” che attireranno i bevitori di Bordeaux più tradizionali. Alcuni produttori “hanno potenzialmente prodotto i loro migliori vini di sempre”. 
 Parlando della minaccia della peronospora e del suo impatto sulle rese, spiega che le grandi tenute con mezzi finanziari o le tenute più piccole e familiari che potevano offrire gli straordinari necessari potevano entrambe riuscire, ma altri hanno perso una quota maggiore del raccolto e – se il frutto malato non veniva scartato – ciò poteva incidere sulla qualità, conferendo “caratteri rustici ad alcuni vini 2023”. Era inoltre fondamentale, osserva, scartare eventuali acini scottati o disidratati. Altre decisioni importanti sono state raccogliere ogni parcella quando era perfettamente matura ed evitare potenziali diluizioni – cosa che non tutti hanno gestito. 
 Evidenzia che l’altopiano di Pomerol e i terroir calcareo/argillosi di Saint-Emilion hanno prodotto “più vincitori”, mentre sulla Rive Gauche ci sono “vini di vera grandezza” grazie agli “sforzi erculei” dei produttori. Conclude sottolineando come Bordeaux continui a offrire grande valore nella fascia bassa – “affari decisamente deliziosi da cercare”. 
 Gli highlight di Lisa Perrotti-Brown MW: Ausone, Canon, Haut-Brion, Lafleur, Le Pin, Pavie, Pétrus, Vieux Château Certan, Margaux, Cheval Blanc, L’Eglise-Clinet, La Conseillante, Lafite Rothschild, Montrose, Pontet-Canet 
 Leggi il report completo di Lisa Perrotti-Brown MW Neal Martin – Vinous 
 Neal Martin ha pubblicato in fretta il suo report in vista delle prime uscite, seguito rapidamente da Antonio Galloni (sotto). Ripercorrendo la stagione di crescita, Martin descrive come “Madre Natura abbia tenuto i produttori con il fiato sospeso”. Cerca di chiarire la preoccupazione sulla peronospora – una pressione che variava per microclima e tenuta, ed è stata gonfiata dalla copertura mediatica iniziale, ma il cui impatto dipendeva interamente da come i produttori l’hanno gestita. 
 L’ha soprannominata “The Dalmatian Vintage” – scrivendo che offre “macchie di qualità sbalorditiva”, ma che è eterogenea, e quindi non “una grande annata certificata”, pur collocandola saldamente accanto a 2016, 2020 e 2022 con alcuni “vini magici”. Li descrive come più classici nello stile, privi “dell’opulenza e dei corpi rubensiani” del 2022, ma “più lineari e verticali” e con più frutto del 2021, uno stile che confessa “si addice alla [sua] predilezione”. Sottolinea una “energia nascente” che osserva nei vini migliori, e che il terroir sembra brillare particolarmente forte. 
 La dichiara “una grande annata per i bianchi secchi”, ma suggerisce che i Sauternes arrivino appena sotto il livello del grande (sebbene Suduiraut sia tra i suoi punteggi più alti). In tutto il report, sottolinea come le risorse finanziarie siano state fondamentali – per trattare contro la peronospora quando e quanto necessario, sacrificare rese, raccogliere e vinificare per parcella, senza contare la precisione in cantina. In definitiva, “le decisioni umane sono state critiche ovunque” – ma il 2023 è “adornato da una manciata di vini incantevoli”. 
 Gli highlight di Neal Martin: L’Eglise-Clinet, Margaux, Lafleur, Le Pin, Suduiraut, La Conseillante, Pichon Comtesse, Haut-Bailly, Mouton Rothschild, Haut-Brion, Montrose, Figeac, Cheval Blanc, Ausone 
 Leggi su Vinous il report completo di Neal Martin, note e punteggi Antonio Galloni – Vinous 
 Subito dopo il collega Neal Martin, Antonio Galloni è riuscito a far uscire il suo report mentre la campagna iniziava. Attribuisce il “bilanciamento fine, quasi classico” dei vini alle rese più generose dell’anno e – come altri – osserva come le migliori tenute siano riuscite a gestire la pressione della peronospora per evitarne l’impatto significativo. 
 I vini migliori, dice, sono “intensamente aromatici e profumati” con “acidità brillanti, frutto dai toni rossi e tannini lineari e vibranti” – generalmente con “marcatori di luogo molto chiari”, sebbene sostenga che i 2023 più deboli “possano sembrare leggeri e/o vegetali”. Per lui, la Rive Gauche è stata marginalmente più riuscita della Droite, con Saint-Estèphe come comune di spicco nelle sue degustazioni – dichiarando i vini “superbi, praticamente a tutti i livelli”, insieme a quelli di Margaux – evidenziando in particolare Palmer, Margaux e Rauzan-Ségla. 
 Non è d’accordo con Martin per quanto riguarda i bianchi – sia secchi sia dolci: per lui i bianchi secchi sono “un assortimento vario”, mentre i Sauternes sono “il gruppo più eccezionale di vini giovani [che abbia] mai assaggiato qui”, trovando che sia un’annata “epica” per Sauternes e Barsac. 
 Gli highlight di Antonio Galloni: Palmer, Figeac, Giscours, Troplong Mondot, Domaine de Chevalier Blanc, Suduiraut, L’Extravagant de Doisy-Daëne, Suduiraut Pur Sémillon, Doisy-Daëne Blanc Sec, Lascombes, Beau-Séjour Bécot, Clos Saint-Julien, Grand-Puy Ducasse, Guillot-Clauzel, Haut-Bergey, Laroque, Pressac, Reynon, Marjosse Blanc 
 Leggi su Vinous il report completo di Antonio Galloni, note e punteggi Jane Anson – Inside Bordeaux 
 Per Jane Anson, l’annata 2023 mostra la “costruzione senza sforzo” che Bordeaux sa fare meglio – “producendo vini ben bilanciati, strutturati, pensati per deliziare nel lungo termine”. Ha assegnato tutti i suoi potenziali 100 punti alla Rive Gauche e ritiene che sia “un anno da Cabernet Sauvignon, in particolare nel punto dolce del Médoc settentrionale”. 
 Come altri, osserva che, pur essendoci alcuni vini eccellenti, è un’annata variabile e “nel 2023, se hai fatto la scelta sbagliata, sei stato punito particolarmente in fretta”. Trova Margaux e Pessac-Léognan meno coerenti di Saint-Julien, Pauillac e Saint-Estèphe. 
 Loda la “sensibilità più sfumata, guidata da terroir e tenuta” dei vini su entrambe le Rive, qualcosa che preferisce alla ricchezza dei 2022. Scrive che ci sarà poco bisogno di aspettare per bere i vini, ma “molti hanno la struttura per andare lontano”. 
 Per lei, ci sono alcuni “vini bianchi eccezionali” – “vini sfumati con aromi eccellenti”. I bianchi dolci sono più ricchi, ma con acidità vivida – vini che “consiglio seriamente di acquistare”. Per ciascuno dei suoi report, su Rive Gauche, Rive Droite e bianchi, ha fornito un elenco di acquisti di valore – insieme ai suoi vini con punteggio più alto. 
 Gli highlight di Anson: Haut-Brion, Mouton Rothschild, Lafite Rothschild, Pontet-Canet, Beauséjour, Cheval Blanc, Figeac, Haut-Brion Blanc, Lafleur, Latour, Léoville Las Cases, Léoville Poyferré, Margaux, Montrose, Pichon Comtesse, Smith Haut Lafitte Blanc 
 Leggi il report di Jane Anson sulla Rive Gauche, Rive Droite e vini bianchi 
 Leggi il commento di Jane Anson sulle prime uscite Georgie Hindle – Decanter 
 Il team di Decanter ha pubblicato il report a sezioni, con Panos Kakaviatos a supporto della molto incinta Georgie Hindle. La loro ampia copertura della stagione di crescita approfondisce le complesse condizioni che hanno definito l’anno. Per Hindle, i vini “impostano un nuovo tono per un Bordeaux fine, controllato e accessibile” con alcoli moderati, pH bassi e frutto succoso e maturo. Combinano “tannini finemente integrati” e “corpi dalla texture morbida” delle annate più calde, con “nervosismo, tensione, spezia, mineralità e delicati aromi floreali più comunemente riscontrati nelle annate più fresche”, e parlano della loro denominazione e della loro tenuta. 
 Qualitativamente, la colloca ben al di sopra del 2017 o 2021, ma ammette che non ha la qualità coerente del 2019, 2020 o 2022; anche se alcuni 2023 superano i loro omologhi 2022, con “eleganza ed energia”. A causa dell’incoerenza, è un’annata che ottiene un punteggio di 3,75 (su cinque) per i rossi, e quattro per bianchi secchi e dolci. I migliori rossi, scrive, sono “precisi, puri e approcciabili”; detto ciò, “non tutti l’hanno azzeccata nel 2023” – spesso quelli da “terroir meno celebrati” che ammette siano “per lo più al di fuori della sfera dei vini venduti en primeur”. Nonostante ciò, ci sono “vini deliziosi a tutte le fasce di prezzo”. Gli highlight che abbiamo selezionato sotto combinano alcuni dei loro vini con punteggio più alto, insieme ai più migliorati e alle scelte “sottotraccia”. 
 Gli highlight di Decanter: Beauséjour, Bélair-Monange, Canon, Figeac, La Conseillante, Léoville Las Cases, Latour, Margaux, Montrose, Palmer, Pichon Comtesse, Vieux Château Certan, Lascombes, Pavie, Monbousquet, Barbe Blanche, Vieux Château St André, La Vieille Curé, De Chambrun 
 Leggi i report di Decanter sulla stagione di crescita, rese, stile dei vini, verdetto e vini con punteggio più alto Jeb Dunnuck 
 Sembra che lo stile dei 2023 non si adatti al palato di Jeb Dunnuck, che li trova “maturi ma non massicci o incredibilmente concentrati” e riscontra “stili divergenti”, con alcuni più vicini al soleggiato 2019 e altri più strutturati e freschi come il 2020. Concorda che: “Rese, assemblaggi, date di raccolta e fortuna con peronospora e pioggia rendono azzardate le generalizzazioni sul 2023.” 
 Per lui la combinazione di “aromatiche mature, buona freschezza e profili più medi a medio-pieni, lineari, è ciò che rende l’annata così interessante” – qualcosa che attribuisce al periodo di maturazione condensato alla fine della stagione. Ritiene che, sebbene ci siano “vini indiscutibilmente impressionanti dalla Rive Droite”, la Rive Gauche abbia vinto quest’anno – offrendo “un altro livello di armonia ed equilibrio complessivo”. 
 Gli highlight di Jeb Dunnuck: Montrose, La Mission Haut-Brion, Margaux, Cheval Blanc, Doisy Daëne, Haut-Brion, Mouton Rothschild, Palmer, Smith Haut Lafitte, Suduiraut, Valandraud Blanc, Vieux Château Certan 
 Leggi il report completo di Jeb Dunnuck 
 NB Jeff Leve, alias The Wine Cellar Insider, ha pubblicato le sue note e i punteggi ma non un report. Controlla i suoi punteggi nella nostra tabella di confronto, o trovali tutti sul suo sito 
 Confronta tutti i punteggi dei critici nella nostra tabella di confronto, o scopri di più su Bordeaux 2023

Dopo mesi di degustazioni, i principali critici del vino annunciano il loro verdetto sull’ultima annata di Bordeaux. Qui trovi un riassunto di ciò che hanno detto, con sintesi dei report e i vini meglio valutati, aggiornati man mano che vengono pubblicati.

Your essential crib-sheet to what the world’s leading wine critics are saying about Bordeaux 2023 en primeur 

Bordeaux 2023 – critics’ round-up

Bordeaux 2023: cosa dicono i critici

Saint-Emilion has been hitting the headlines. And not in the way it would like to. In July, just after the region’s châteaux submitted applications for the 2022 classification, two of the region’s four Premier Cru Classé A estates – Chx Cheval Blanc and Ausone – announced that they would be withdrawing from the classification system. This week sees a dispute over the 2012 classification enter the courts – with accusations that the results were fixed. The Médoc’s leading names were ranked in 1855 – with but one change (Ch. Mouton Rothschild's promotion) in 1973. The classification was uncomplicated, with no fussing over terroir, tastings or winemaking talent; it was based purely on price. It’s hard to believe that it remains relevant today – but, while of course there are properties that stand out, it’s more or less accepted, and reflective. Across the river in Saint-Emilion, they wanted something different. Something fairer. A system that flexed with an estate’s waxing and waning. The ambition was – and is – laudable. The reality, well… The classification is overseen by the Institut National des Appellations d’Origine (INAO) – the body responsible for France’s appellation system. The concept was mooted in the 1950s, with the first list published in 1955. The idea was that it would be re-drawn every 10 years – both to be more democratic and provide an incentive for long-term quality. Unlike the Left Bank’s system, it would assess terroir and include a tasting of the wines. The aim was, and is – as a spokesperson for the INAO told me, to help consumers distinguish between the region’s many properties and help “maintain a level of excellence”. The classification is based on a scoring system out of 20, with the breakdown of scores different to qualify for Grand Cru Classé (requiring a minimum 14 points) versus Premier Grand Cru Classé (requiring a minimum 16). In 2012, the possible points for Premier Grand Cru Classé were broken down thus: 30% based on the quality of the wine – with a tasting of 15 vintages; 30% on the estate’s terroir; 35% on the property’s renown (both national and international), promotion and distribution; and the remaining 5% on viticulture, vinification and traceability. Even the first, 1955 list was disputed, changed just three years later, then again two months later, before settling on 63 Grands Crus Classés and 12 of the elite Premiers Grands Crus Classés. The very best of this latter group were named “Premier Grand Cru Classé A” (the rest Premier Grand Cru Classé B) – with just two making the cut, Chx Ausone and Cheval Blanc. Since 1958 the region’s wines have been re-classified regularly – if not quite on the 10-year cycle forecast, in 1969, 1986, 1996, 2006 and then 2012. But there has always been an undercurrent of discontent. In 2006, five properties filed lawsuits and the ruling was declared invalid, with the 1996 classification reinstated. For the 2012 classification, the INAO seemed determined to clean things up. The tastings and site inspections were, for the first time, outsourced by the INAO, with wine professionals from other regions (Burgundy, the Rhône, Champagne, the Loire and Provence) roped in – including Marcel Guigal and Robert Drouhin. A company called Qualisud was to handle the tastings, while Bureau Veritas would take on visiting the estates. These independent authorities would, they thought, make it indisputable. The result was two new Premiers Grands Crus Classés A estates – with Chx Angélus and Pavie; while Larcis Ducasse, La Mondotte, Pavie Macquin, Troplong Mondot and Valandraud all promoted to Premier Grand Cru Classé B, and significant changes to the Grands Crus Classés (with a new total of 64 estates). But of course that wasn’t the end of it. Enter Chx Corbin-Michotte, Croque-Michotte and La Tour du Pin Figeac. The latter two had applied for and hoped to be promoted to Grand Cru Classé, while Corbin-Michotte was demoted in the 2012 rankings. They argue that the decision against them was “incomprehensible”, challenging the criteria for classification and insisting that two individuals – Hubert de Boüard (of Ch. Angélus) and Philippe Castéja (of Ch. TrotteVieille) – had “undue influence” with their roles within the INAO. It’s alleged that de Boüard was “present at all stages of the process elaborating the 2012 classification” (with it implied he influenced the ranking not only of Angélus but seven properties for which he consulted), while Castéja “pulled strings” to guarantee TrotteVieille’s Premier Grand Cru Classé status. The case went to administrative court, however the plaintiffs lost in 2015. They appealed, but lost again in 2019. And now they’re taking it to the criminal courts, with jail time and a fine of up to €500,000 on the cards for the accused. When I asked Frédéric Castéja – Philippe’s son and General Director of Borie Manoux – about the accusations, he told me: “I can only tell you that the Attorney General has dropped all accusations against [my father] and stated that he was not concerned at all with this so-called ‘influence’.” “When it comes to a public ranking, the level of controversy is as high as the stakes,” the INAO told me. It’s unsurprising, perhaps, given the impact the classification can have on an estate’s bottom line. After their promotion in 2012, Chx Pavie and Angélus saw instant price hikes: 2012 Angélus was released at 30% more than the 2011 en primeur, while Pavie went up 58%. That’s big bucks. And beyond the actual wine, it’s the land prices that really rocket. It wasn’t just these three (relatively minor) properties that seemed dissatisfied. Rumour has it that each year, the Médoc’s First Growths, Cheval Blanc, Ausone and Pétrus (“the group of nine”) all meet to taste the latest vintage. After Pavie and Angélus became newly minted First Growths, the group reportedly preferred to restrict the group to the original set. And in 2012 Ch. Ausone quietly removed the classification from its labels – a hint at what was to come. Eric Morain – one of the lawyers representing the three disgruntled estates – has commented that the classification has become “a system that sells the brand and no longer the grape”. La Revue du Vin de France’s 2021 Man of the Year, the attorney is a specialist in the world of wine and has earned a reputation for standing up for the little guys. He was instrumental in establishing the Syndicat de Défense des Vins Naturels (which introduced the Vin Méthode Nature trademark last year – a formal definition for natural wine in France), and has defended several wronged natural wine producers, such as Olivier Cousin and Alexandre Bain. Morain’s latest crusade, however, is against two goliaths – with connections and deep pockets. “The classification was thought out and developed and judged by people who had a direct interest. The rules were not the same for everyone,” Morain said on email to me. De Boüard and Castéja should have recused themselves, he argues. For Chx Corbin-Michotte, Croque-Michotte and La Tour du Pin Figeac (“They aren’t notable, just winegrowers who do their job well,” Morain says), this isn’t about money. They just want someone to admit they were wronged, unfairly excluded from the ranking. “Will they be convicted?” Bordeaux expert Jane Anson pondered, “I would imagine not, but I guess we will all have to wait and see...” For her, the drama is an unnecessary distraction “from the excellence of the wines and the entire classification”. In the meantime, the process for the 2022 classification has been rumbling on, with applications submitted this summer. Some changes have been made, again trying to make the classification – once and for all – watertight. Independent third party Bureau Veritas is now in charge of both tastings and site inspections, and the weighting of the tasting element has been increased for the Premiers Grands Crus Classés (bringing it in line with the weighting for the Grands Crus Classés) – worth 50% of the score (previously 30%) – while the portion for a property’s terroir has been reduced to just 10% (previously 30%). The puzzle is why the criteria remain different for a Premier Grand Cru Classé versus a Grand Cru Classé – something for which I haven’t been able to find an answer. Given estates need to score 17 for the heralded Premier Grand Cru Classé A, 16 for Premier Grand Cru Classé B and 14 for Grand Cru Classé, why make things even more complicated and declare that, for example in 2022, the quality of terroir has more significance for a Grand Cru Classé than a Premier Grand Cru Classé estate (20% versus 10% for the latter)? To make it into the upper echelons of the Premiers Grands Crus Classés, reputation is considered key – and this is a sticking point for many. While reputation, promotion and distribution represents 20% for the Grands Crus Classés, it stands for 35% of a property’s score for Premier Grand Cru Classé status. Including elements such as wine tourism, social media, PR and the accessibility of an estate, it has prompted remarks that the size of a winery’s car park has more relevance than the quality of its soils. The INAO emphasises that the criteria are very similar to those of the original classification in the 1950s. Reputation has always been included, they argue – they are simply adapting this to the modern day. Either way, it’s a minor element, they assure me – with, for example, social media representing just 0.3 points, or 1.5% of the final score, while wine tourism makes up a mere 1%. This hasn’t soothed the worries of the region’s two original Premiers Grands Crus Classés A properties, Ausone and Cheval Blanc. News broke soon after applications for the classification closed on June 30th that the prestigious estates had not submitted anything. When I spoke to both estates ahead of en primeur (April this year), the responses were interesting. Pierre-Olivier Clouet, Technical Director at Ch. Cheval Blanc, noted it was “a touchy question” before he continued. “We believe it’s quite difficult in 2021 to classify the wine like in 1855. This is not the same period this is not the same price per hectare, it is not the same price per bottle… Producing an outstanding wine is difficult on paper,” he said. “We don’t produce wine for the critics, for the classification – we make wine for the wine lover. Premier Grand Cru Classé A, Premier Grand Cru Classé B, Grand Cru Classé… we are Cheval Blanc, that’s it.” When I enquired whether he felt a wine’s distribution should have as much weighting as its terroir, he shrugged and smiled: “The answer is in the question.” Pauline Vauthier of Ch. Ausone was less willing to broach the topic, not wanting to be embroiled in the debate. “What counts is the quality of the product,” she said – making very clear that that is where the estate’s focus lies. “There are many classifications and they’re difficult for the public to understand. Ausone prefers to communicate about the quality of its wine.” She added: “[The 2012 classification] created much controversy, and that will certainly be the case with 2022.” When the news broke in July that both estates were withdrawing (along with sibling estates, La Clotte and Quinault l’Enclos), Pierre Lurton (Director of Ch. Cheval Blanc) and Clouet told Terre de Vins that there wasn’t enough emphasis on “the terroir, the wine, the history”. Edouard Vauthier (Ch. Ausone) explained, “Since 2012, some criteria added are not linked into the wine itself anymore. Some people apply for the classification for economic reasons more than quality and the respect of the terroir.” He highlighted that many of their customers hadn’t even noticed that “Premier Grand Cru Classé A” was no longer on the label. Indeed, why would they? Interestingly, these estates agree with Eric Morain on this. For Morain, the tasting component should represent much more – and as long as it counts for so little, “the classification will mean nothing”. The two behemoths are their own brands – brands that are much stronger than that of Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé A. The loser, sadly, is set to be the classification itself, and its top-tier properties – which will no longer benefit from Cheval Blanc and Ausone’s halo effect. Of course, the INAO was keen to emphasise that – whether classified or not – the two estates would always be closely associated with the region, and that there were plenty of other estates that eagerly submitted applications. “Ausone and Cheval Blanc have always been driving forces behind the appellation and I hope will remain so,” Frédéric Castéja told me. “The risk is that at the next occasion other top estates (meaning other First Growths) do the same, then if too many leading estates leave, the classification is meaningless.” Morain – unsurprisingly given his campaign against the classification – is damning about its fate. Ausone and Cheval Blanc’s departure is, for him, “a symptom of a system on its last legs”. So is the 2022 ranking set to be the Saint-Emilion classification’s swansong? Perhaps – the more important question is maybe if it matters. “Saint-Emilion has so many châteaux (by far the most of any of the prestigious appellations) that there is a definite benefit to have some way of distinguishing the best wines,” Jane Anson said. “I fully agree with the principles, in fact think the idea of a renewable classification is very much consumer-driven and provides an incentive to estates to keep investing etc, but I think it has become unworkable.” And that is the problem – the theory is excellent, but how can it be put into practice? While the classification sounds helpful in principle, for most people, I suspect it isn’t. There’s too much confusion with Grand Cru, Grand Cru Classé and Premier Grand Cru Classé A or B. Unlike the Médoc’s straightforward numbering of First to Fifth Growth, it is not – to the uninitiated – immediately clear which is meant to be better than the other. Price and branding of an individual estate will be the more important differentiator. Talking to other producers in the region, few have answers – and few wish to champion the system’s survival. I asked Noëmie Durantou Reilhac – of Denis Durantou estates – whether she’d ever wish to see something similar in Pomerol. The answer was a firm no (“definitely”). “What really saddens me is seeing some plots in Saint-Emilion Grand Cru that are truly devastated,” she tells me. When I ask Nicolas Glumineau at Pichon Comtesse in Pauillac – a producer with a little distance – about his thoughts on it, he’s quick to quip: “That’s why we have an 1855 [classification] that we never move.” More seriously, he thinks the decade cycle is problematic. “I have this feeling that one classification every 10 years is probably too fast, too frequent. Probably 25 years – one generation could be enough.” Of course applying for the classification is voluntary – and not everyone does. Ch. Tertre Rôteboeuf, notably, has never played the game – despite the high quality of its wines. (The property is also renowned for handling its own distribution, outside the négociant system.) Ch. Haut-Brion owner Prince Robert of Luxembourg recently highlighted a benefit to being outside the classification – announcing his plans to expand Quintus with vineyards from the recently bought Ch. Grand Pontet. And this really gets to the point of what could make the Saint-Emilion classification work. As Anson said to me, “Saint-Emilion is the only classification in Bordeaux that includes the notion of terroir (and in fact taste) and that is also linked to a specific piece of land.” A classified property can’t automatically include new vineyards – unlike estates on the Left Bank. The classification is admirable in many ways – but how can you really quantify excellence? Is it ever really possible to pin down the true quality of a wine, or estate, with such exactitude? Is the picture not more nebulous than points can ever paint? “All classifications are correct as long as all players clearly know the rules,” Frédéric Castéja noted. “One must remember that classifications are always the picture of the past, but of course confirm the potential of the estate.” For Saint-Emilion, even the past feels in flux – discussed and debated. What the future holds is hard to say – but, for now, we’ll wait to see what’s in store for the class of 2022. Read more about Editorial  Since this article was published, Hubert de Boüard was found guilty of having undue influence in the 2012 Saint-Emilion classification. He was fined €40,000 and has not appealed the charge. Two properties, Ch. Croix de Labrie and Ch. Tour Saint-Christophe, are taking the INAO to court over their applications for the 2022 classification. In January 2022, Ch. Angélus announced it too was leaving the Saint-Emilion classification, stating the system had become a "vecteur d'antagonisme et d'instabilité". This leaves Ch. Pavie as the only remaining Premier Grand Cru Classé A estate. September 2022: the new classification has been unveiled, with Ch. Figeac promoted to Premier Grand Cru Classé A, alongside Ch. Pavie.

Saint-Emilion’s classification is in crisis – embroiled in court cases and controversy. But why? And does it matter? Sophie Thorpe investigates

Saint-Emilion’s classification is in crisis after leading names abandoned the system. We talk to Ausone, Cheval Blanc, Angelus and more about the controversy

Investigating Saint-Emilion's classification

Class act: Saint-Emilion

Bordeaux 2020 was a vigneron’s vintage, a year in which strategic choices were key to success. Here we delve into how each of the main appellations on both the Left and Right Banks fared in this remarkable year.

Delving into how each of the main Bordeaux appellations on both the Left and Right Banks fared in this remarkable 2020 vintage.

Commune-by-commune guide to Bordeaux 2020  

Bordeaux 2020: breaking it down

TrotteVieille

Saint-Emilion

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La consegna locale è gratuita per ordini superiori a 1.800 HK$ (in un'unica destinazione). Per ordini inferiori a questo importo, la consegna costa 150 HK$ fino a quattro casse e 50 HK$ per ogni cassa aggiuntiva.

Le spedizioni partono da €25 in Italia e da €45 verso la Svizzera e il resto d’Europa per un massimo di 48 bottiglie (75 cl). I costi variano in base alla destinazione. Per spedizioni più grandi è possibile richiedere un preventivo.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro negozio al 22° piano, 8 Wyndham Street, Central Hong Kong.
Gli orari di ritiro sono dalle 9:30 alle 18:00, da lunedì a venerdì.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro magazzino STI INTERNAZIONALE SPA, in Viale del Lavoro 57, 37051 Bovolone, Verona.
Gli orari di ritiro sono dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 13:30 alle 17:30, dal lunedì al venerdì. Siamo chiusi nei giorni festivi.

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Titolo

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Questo articolo si trova presso FINE+RARE.

Questo articolo si trova presso FINE+RARE HOME Hong Kong, ed è disponibile per la consegna o il ritiro in sede. La maggior parte delle consegne a Hong Kong può essere effettuata entro 3 giorni lavorativi; la data esatta sarà comunicata al momento dell'organizzazione della consegna. Le consegne internazionali richiedono tempi più lunghi, ti preghiamo di contattarci per maggiori dettagli.

I vini venduti en primeur saranno rilasciati dal produttore dopo limbottigliamento, tipicamente 18 mesi dopo la fine della cosiddetta campagna. Il tuo vino sarà poi conservato da FINE+RARE in un deposito doganale fino a quando deciderai di richiederne la consegna.

Reperiremo questo articolo attraverso la nostra rete di fornitori e ne organizzeremo la spedizione a FINE+RARE.
 I tempi di consegna dipendono da molte variabili, ma una stima media è di 6-12 settimane.
 Una volta confermato lordine, ti terremo aggiornato sulla data di arrivo prevista.
 Ogni articolo viene controllato al momento della ricezione dal nostro team di esperti, con fotografie disponibili su richiesta (si prega di notare che potrebbero essere applicati dei costi).

Ch. TrotteVieille

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