Dopo l’eleganza del 2018 e la potenza del 2019, l’annata 2020 a Montalcino aveva molto da dimostrare. Come mi ha detto Matthew Fioretti di Cerbaiona, “Sulla carta, sembra un’ottima annata.” Statisticamente parlando, la temperatura media era ideale, le piogge abbondanti ma non eccessive – tutto perfetto. Ma l’anno è stato più complesso di quanto i numeri suggeriscano, mettendo alla prova i produttori.
Per Cecilia Leoneschi di Castiglion del Bosco, è stata la prima annata in cui ha percepito chiaramente gli effetti del cambiamento climatico a Montalcino – con 64 giorni d’estate senza una goccia d’acqua, qualcosa che non aveva mai visto. È stata, ha sottolineato, un’annata molto variabile nella denominazione – soprattutto tra altitudini basse e alte – come confermato anche dalle altre testimonianze.
Nicola Vaglini (Pieve Santa Restituta) ha sottolineato l’importanza delle piogge invernali, che hanno ricaricato le riserve idriche, poi integrate da ulteriori piogge primaverili. La stagione è iniziata con germogliamento regolare e temperature miti. Una gelata a fine marzo ha colpito soprattutto il nord della zona (Vaglini ha riportato perdite del 15% in alcuni vigneti), anche se la maggior parte è rimasta indenne.
La stagione è proseguita senza eventi rilevanti fino a luglio, quando il clima è cambiato. Le temperature sono salite, con picchi di 38-40°C. Durante queste ondate di calore, le viti si sono bloccate e la maturazione si è fermata. Fioretti ha notato la caduta delle foglie basali, lasciando i grappoli esposti al sole. Nonostante ciò, Leonardo Berti di Poggio di Sotto ha commentato con sollievo che le temperature non hanno superato i 41°C, come ormai avviene spesso a Castelnuovo dell’Abate – segno del clima mutato.
Tra un’ondata di calore e l’altra, si sono verificati rovesci improvvisi – fino a 100mm in tre ore – troppo violenti perché i terreni potessero assorbirli, causando allagamenti (a Cerbaiona, si sono trovati 20cm d’acqua in una cantina). Fioretti sottolinea che questo rende fuorvianti i dati annuali: anche se le piogge totali sono risultate nella media, per le vigne è stato, di fatto, un anno di siccità.
Leoneschi ha spiegato che a Castiglion del Bosco utilizzano sempre più colture di copertura per trattenere l’acqua nel suolo. Pur ricevendo meno pioggia – protetti dal Monte Amiata e dai venti costieri – non hanno riscontrato gravi stress idrici nel 2020. A Poggio di Sotto, Berti ha commentato che il 2020 ha portato la giusta quantità e qualità di pioggia, senza ostacolare il lavoro in vigna.
Il clima si è rinfrescato a fine agosto, con piogge a fine mese. A Poggio di Sotto, dove da anni usano zeolite (argilla nebulizzata) per proteggere le foglie dalla pioggia prima della vendemmia, Berti ha trovato questa pratica particolarmente utile nel 2020. Le zone più basse hanno ricevuto più pioggia rispetto ai vigneti d’altura. Leoneschi ha spiegato che l’escursione termica nella fase finale della maturazione è stata determinante, permettendo un’ottima maturazione dell’uva.
A metà settembre, nuove piogge hanno diviso le scelte di vendemmia: alcuni hanno raccolto prima, altri dopo. A Poggio di Sotto, dove la vendemmia inizia sempre presto, la raccolta è partita il 4 settembre – insolitamente tardi, poiché l’agosto fresco aveva rallentato la maturazione. Vaglini ha segnalato un’ondata di caldo tra il 5 e il 15 settembre, con rapido accumulo di zuccheri, iniziando la raccolta il 15. A Cerbaiona e Castiglion del Bosco la vendemmia è cominciata il 20 settembre, mentre altri – come Casanova di Neri – hanno atteso ancora.
Fioretti ha sottolineato l’importanza del controllo delle rese nel 2020: troppo facile produrre troppo e ritrovarsi con tannini verdi. Molti produttori hanno fatto più passaggi di raccolta. A Castiglion del Bosco, Leoneschi ha raccontato che anche nello stesso appezzamento le viti sono state vendemmiate fino a 12 giorni di distanza, segno dello stress stagionale.
Entro inizio ottobre tutta l’uva era in cantina, e quasi tutti hanno ritenuto fondamentale la cernita – manuale o meccanica – per eliminare gli acini bruciati o disidratati.
Il rischio era ottenere vini con alcol elevato e tannini duri, data la calura. In cantina, l’attenzione si è concentrata sull’estrazione, evitando di stressare il mosto. A Cerbaiona, Fioretti ha effettuato una macerazione a freddo di tre giorni per esaltare “l’esuberanza del frutto”, mantenendo la fermentazione a un massimo di 26°C e svinando dopo 7-10 giorni.
Al contrario, Berti ha scelto un’estrazione lunga ma delicata – 50-55 giorni sulle bucce, bagnando il cappello solo quando necessario; un approccio opposto al 2019, anno di piena maturità fenolica. A Castiglion del Bosco, Leoneschi ha utilizzato bâtonnage dopo la malolattica per aumentare la complessità e l’eleganza, ma non la struttura.

Per Poggio di Sotto, Berti ha mantenuto il Brunello 2020 in botte per tre anni (loro standard, due è il minimo legale), mentre il 2019 ha passato dieci mesi in più. Molti hanno preferito i 24 mesi minimi per preservare la freschezza del frutto. Alcuni ritengono persino questo periodo eccessivo – un dibattito ormai comune anche in zone come Barolo, dove i minimi legali non riflettono più il clima attuale.
Nonostante il caldo, i 2020 hanno sorpreso per la freschezza. I migliori sono vini aperti, fruttati e piacevoli, sebbene non omogenei in tutta la regione.
Per Fioretti, il 2020 non raggiunge la grandezza assoluta – i fenoli lo limitano, mancando la finezza delle migliori annate. Tuttavia, il vino è già pronto, con frutto generoso e tannini dolci e moderati: “pronto da bere”, come dice lui, con modestia.
Berti descrive il 2020 come “un compromesso tra l’eleganza del 2018 e la potenza del 2019” – e più accessibile di entrambi. Lo paragona al leggendario 2016, meno strutturato ma più immediato ed elegante. Vaglini e Giacomo Neri (Casanova di Neri) vedono un mix di 2015 e 2016: finezza, eleganza, bouquet espressivi e buona acidità. Leoneschi conferma, parlando di precisione aromatica e densità, ma aggiunge che il 2020 è un anno fortemente legato al terroir – dove il sito parla più del produttore.
L’annata 2020 non raggiunge le vette del 2016, e serve selezione. Ma i migliori vini hanno un fascino e un’eleganza immediata che – come dice Fioretti – non vanno sottovalutati. Sono vini importanti. Giacomo Neri li definisce al meglio: “un’annata outsider”, pronta a sorprendere nei prossimi decenni.
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