La reputazione del Cile si è costruita su blend ispirati al Carménère e al Bordeaux, ma oggi il suo clima variegato produce molto di più. Troverete splendidi Pinot Nero e Chardonnay dalle sue zone più fresche, così come Sauvignon Blanc e rossi succosi da vecchie vigne del Pais.

Colchagua, Central Valley, Chile

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Scopri i vini del Cile, Sud America

Informazioni sui vini del Cile

Chile 

Sono passati 20 anni da quando Eduardo Chadwick radunò alcuni dei più famosi critici enologici europei per una degustazione alla cieca — una prova per rivaleggiare con il famoso Giudizio di Parigi del 1976 (quando la California dimostrò che i suoi vini potevano competere con — e battere — i migliori vini di Francia). Chadwick era convinto che i critici sottovalutassero i vini cileni — per nulla più che snobismo nei confronti della nazione. La Degustazione di Berlino mise alla prova i migliori vini di Chadwick (Viñedo Chadwick, Seña e Don Maximiano Founder’s Reserve) contro i Premier Cru di Bordeaux e un unico Super-Tuscan (la Solaia di Antinori). Chadwick incaricò il compianto Steven Spurrier di condurre l’evento. “Non avrei mai immaginato che ciò che stava per accadere sarebbe accaduto,” mi dice Chadwick. Con sua e l’altrui incredulità, il Viñedo Chadwick 2000 conquistò il primo posto, seguito dal Seña 2001, poi dal Château Lafite Rothschild 2000 e dal Château Margaux 2000 — ex aequo al quarto posto con il Seña 2000. Finalmente, c’era la prova che i vini del Cile meritavano un posto sul palcoscenico mondiale. 
 Ma, per Chadwick, un momento spartiacque non bastava. Ripeté la degustazione, prima a São Paulo, poi a Tokyo — e avanti, organizzando la stessa degustazione alla cieca 22 volte in tutto il mondo, ottenendo risultati parimenti spettacolari per i suoi vini. Serve nervi d’acciaio — e una buona dose di ego — per essere disposti a rischiare ripetendo una simile prova, eppure Chadwick fu giustamente premiato. La sua campagna è solo uno dei modi in cui ha tracciato un percorso per il vino pregiato cileno — con una determinazione implacabile e ostinata. Chadwick è la quinta generazione della sua famiglia a fare vino in Cile. Don Maximiano Errázuriz emigrò dai Paesi Baschi e fu il primo a piantare viti nella Valle di Aconcagua nel 1870. Individuò la località, a 100 km a nord di Santiago, con le sue brezze oceaniche fredde, estati calde e inverni piovosi, come perfetta per la coltivazione della vite. Operando sotto il motto “dalla migliore terra, il miglior vino”, piantò viti in questo sito idilliaco, vicino a Panquehue, e costruì una cantina — che ancora oggi esiste. 
 Gradualmente, l’azienda crebbe — diventando il vigneto più grande del mondo di proprietà di un singolo individuo, con 1.300 ettari coltivati al suo apice alla fine del XIX secolo. Nonostante questa prosperità iniziale, l’industria vinicola cilena non continuò a fiorire. Non esisteva un mercato d’esportazione e il consumo interno (che arrivò fino a 80 litri pro capite l’anno) venne decimato da pesanti tasse, mentre turbolenze politiche ed economiche, con regimi comunisti poi militari, misero in crisi non solo l’industria, ma la nazione. All’inizio degli anni ’80 il vino costava meno dell’acqua e circa la metà dei vigneti del paese venne estirpata. Fu in questo scenario instabile che arrivò Eduardo Chadwick. Si era inizialmente formato come ingegnere industriale prima di decidere di concentrarsi sul vino, andando a studiare a Bordeaux sotto il leggendario enologo Émile Peynaud. Suo padre riacquistò la cantina di famiglia alle banche, e Chadwick iniziò a spolverare le ragnatele, riaprendo Viña Errázuriz e — armato di nuove conoscenze tecniche — realizzò la prima annata del Don Maximiano Founder’s Reserve, il vino di punta della proprietà, nel 1984. L’operazione era ancora rudimentale — con tinozze in rauli (un legno nativo), nessun controllo della temperatura e viti allevate a pergola nei fondi fertili — ma fu un primo indizio di ciò che era possibile. Degustando quel vino quattro decenni dopo, ha retto sorprendentemente bene — con vivacità al naso e un profilo cesellato e sapido di puro Cabernet Sauvignon. 
 Gradualmente, Chadwick investì in attrezzature — serbatoi in acciaio inox, presse moderne e botti — e iniziò a impiantare vigneti sulle pendici con suoli più poveri. Parallelamente a questo cambiamento, le elezioni decisive del 1989 riportarono il Cile alla democrazia — e figure chiave del mondo del vino iniziarono a visitare. Presto i vini di fascia d’ingresso vennero esportati da realtà come Oddbins e Victoria Wine. Le porte si erano aperte per il vino cileno. Robert Mondavi visitò Chadwick nel 1991 — e i due uomini si trovarono in sintonia, condividendo un’esigenza inesorabile di spingere avanti la loro industria, e Mondavi riconobbe in Cile il potenziale che aveva visto a Napa negli anni ’60. Sapeva che la sua partnership con Château Mouton Rothschild (Opus One) era stata fondamentale per cambiare la reputazione di Napa — e la coppia sperava che la loro joint venture potesse fare lo stesso per il Cile: nacque Seña (letteralmente “segnale”). Bob Mondavi junior, Tim, collaborò con Chadwick al progetto e suggerì di cercare un sito più vicino alla costa nella Valle di Aconcagua, in cerca di ancora maggiore finezza, producendo la prima annata nel 1995. 
 E Chadwick non si fermò lì. Suo padre aveva acquistato un fondo nell’Alto Maipo nel 1945, sede di un campo da polo (Alfonso, il padre di Eduardo, era stato per anni capitano della squadra cilena). Nel 1992 Chadwick convinse il padre a lasciargli trasformare il campo da polo — con i suoi puri suoli ghiaiosi e un’escursione termica di 15˚C — in un vigneto, ritenendolo perfetto per il Cabernet Sauvignon. Alfonso morì l’anno successivo, ma la prima annata di questo progetto — Viñedo Chadwick, chiamato in onore del padre — venne realizzata nel 1999. 
 Chadwick sapeva che i vini erano buoni — ma convincere il mondo di ciò fu la sfida. È chiaro per lui che il Cile commise un grande errore nel produrre in massa vini di ottimo rapporto qualità-prezzo, di ingresso — buoni, ma non vini di pregio — una fascia di prezzo che finì per definire la nazione. “Per questo fu molto difficile convincere il pubblico che possiamo anche produrre vini di livello mondiale,” dice Chadwick. “Il Cile non aveva riconoscimento. Non avevamo valutazioni, punti Parker, punti Suckling.” E così si mise al lavoro per cambiare la situazione con la Degustazione di Berlino. Con i risultati che scossero il mercato (poi riecheggiati in tutto il mondo), creò una spinta al cambiamento. Un decennio dopo, superò un altro confine: il Viñedo Chadwick 2014 divenne il primo vino cileno a ottenere 100 punti (da James Suckling). Solo l’anno scorso, l’annata 2021 è stata il primo vino cileno valutato 100 punti dalla Wine Advocate. Quando mi sedetti con lui a marzo di quest’anno, fu in occasione di un evento che rendeva omaggio ai due decenni trascorsi dalla Degustazione di Berlino — con le prime annate di ogni tenuta e i loro più grandi successi. Il Seña 1998 fu particolarmente notevole — una vendemmia fresca che oggi è profumata, elegante, brillante e di incredibile persistenza. Qualsiasi dubbioso sul vino cileno rimase immediatamente in silenzio. E, come per la degustazione di Berlino, l’evento veniva replicato in tutto il globo — la campagna per promuovere il vino cileno non finisce mai. 
 Quando Chadwick iniziò nel 1983, Viña Errázuriz aveva appena 10 ettari di vigneto. Oggi, nelle loro tenute, Chadwick coltiva 900 ettari di vigna. Comprò le quote dei fratelli anni fa, quando scoprì che erano più interessati ai dividendi che a far crescere e investire nell’azienda. Ora tre delle sue quattro figlie lavorano al suo fianco — entusiaste del potenziale dei siti costieri (dove producono i vini Las Pizarras) e di un nuovo progetto spumante. Non sono mancate le difficoltà lungo il percorso, ma queste hanno solo alimentato la incessante ricerca di riconoscimento di Chadwick per il Cile e i suoi vini. “Dove siamo oggi supera i miei sogni più sfrenati,” mi dice, eppure è solo grazie alla sua instancabile ambizione che il vino cileno è arrivato a questo punto. Fortunatamente, sembra che i suoi figli abbiano ereditato la sua determinazione — pronti a governare il prossimo capitolo di questa epica storia. 
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Negli ultimi 40 anni, Eduardo Chadwick ha forgiato da solo un posto per il Cile nel panorama dei vini pregiati. Due decenni dopo la fondamentale degustazione di Berlino, Sophie Thorpe ha incontrato l'uomo in persona per esplorare la sua eredità e ciò che lo attende.

20 years after the Berlin Tasting, we sit down with Eduardo Chadwick – the man that created Chile’s first icon wines, Sena, Vinedo Chadwick and Errazuriz

Championing Chile – Eduardo Chadwick

Sostenitore del Cile: Eduardo Chadwick

Albiera Antinori è la prima donna a prendere il timone dell'impero Antinori. E "impero" non è un'esagerazione per una dinastia che raggiunse la fama alla fine del XIII secolo, facendo fortuna nel commercio della seta e in seguito nel settore bancario. La famiglia produce vino almeno dal 1385, quando Giovanni di Pietro Antinori si iscrisse all'arte dei viticoltori di Firenze. Per fare un paragone, questo avvenne prima della stampa della Bibbia di Gutenberg, prima della caduta di Costantinopoli, prima che Cristoforo Colombo salpasse per le Americhe. 
Oggi, oltre sei secoli dopo, i Marchesi Antinori possiedono quasi 3.000 ettari di vigneti in 21 tenute (oltre a terreni dedicati a boschi, uliveti ecc.) sparse in tutto il mondo, ed è tra le aziende familiari più antiche al mondo (al decimo posto a livello mondiale). Un tempo parte dell'élite aristocratica italiana, la famiglia Medici potrebbe essersi estinta, ma gli Antinori – come i Ricasoli – esercitano ancora un'influenza significativa. 
Guardando Albiera Antinori sullo schermo, tuttavia, è difficile collegare questo pedigree alla donna di fronte a me. Ora 58enne, lei – insieme alle sue due sorelle – rappresenta la 26a generazione della famiglia. Pelle olivastra, rilassata e con un sorriso gentile, si rimette gli occhiali in testa una volta risolti gli inevitabili problemi tecnici, accomodandosi sulla sedia per la nostra videochiamata Zoom. Potrebbe essere una delle figure più influenti del vino italiano, ma non si direbbe. La vendemmia è appena iniziata mentre ci sediamo a parlare della sua famiglia e della sua eredità – un periodo che ricorda con affetto da bambina. È cresciuta a Firenze, ma ha trascorso weekend e vacanze a Bolgheri o alla Tenuta Tignanello nel Chianti, e il vino era semplicemente parte della vita. Alcuni dei suoi primi ricordi sono della vendemmia e del sorseggiare vino (diluito con un goccio d'acqua) durante la cena a Tignanello, riunita attorno al tavolo con il nonno, Niccolò Antinori, e il resto della famiglia. 
Fu quando Albiera finì la scuola che il vino passò in primo piano. Non sapeva ancora cosa volesse fare e – con la vendemmia al Castello della Sala che sarebbe iniziata di lì a poche settimane – suo padre, Piero Antinori, le suggerì di lavorare lì, in modo da guadagnare almeno un po' di soldi mentre cercava di capire come funzionasse la situazione. "Da quel momento in poi, è stata una specie di valanga", dice sorridendo. Una volta che l'uva era matura, i vini dovevano essere prodotti, c'erano vigneti da curare e piantare, e presto si ritrovò a viaggiare, raccontando al mondo i vini prodotti dalla sua famiglia. Era caduta nella tana del Bianconiglio. 
Si è mai interrogata sulla strada non intrapresa? No, è la risposta breve, mi dice, e ha potuto conciliare le sue altre passioni con il lavoro per Antinori. Prendiamo l'architettura: ha supervisionato la costruzione di 12 cantine durante il suo mandato, lavorando a stretto contatto con il team per sviluppare l'edificio perfetto per ciascuna. Ha preso ufficialmente le redini dell'azienda nel 2017, ma, essendo la primogenita, è quasi caduta nel ruolo di CEO. Potrà anche essere al vertice dell'albero genealogico, ma è un'azienda di famiglia in tutto e per tutto. Lavora a stretto contatto con le sue sorelle, entrambe vicepresidenti (Alessia supervisiona la vinificazione e Allegra gestisce i vari ristoranti dell'azienda). Anche il padre Piero, che ora si avvicina ai 90 anni, è ancora in ufficio tutti i giorni. 
Il nome Antinori è da tempo associato all'innovazione. Il nonno di Albiera, Niccolò, è stato uno dei primi a rivoluzionare il Chianti. Nel 1924, introdusse varietà bordolesi nel Chianti Villa Antinori di famiglia, un atto scandaloso all'epoca. Il cognato di Niccolò era Mario Incisa della Rocchetta, che piantò Cabernet Sauvignon nella Tenuta San Guido di sua moglie nel 1944. Inizialmente il vino veniva prodotto per la famiglia e gli amici, ma quando Piero Antinori (figlio di Niccolò e padre di Albiera) assunse la gestione dell'azienda di famiglia nel 1966, ne intuì il potenziale. Giacomo Tachis, l'enologo Antinori, iniziò a vinificare il vino e ad affinarlo in rovere francese nuovo. Nel 1971, Piero convinse lo zio a commercializzare l'annata 1968: nacque il Sassicaia, e il movimento dei Super Tuscan. Non passò molto tempo prima che Piero proponesse la sua proposta, lanciando la prima annata (1971) di Tignanello – un blend di Sangiovese e Cabernet della loro omonima tenuta nel Chianti Classico – nel 1978. A breve seguì Solaia (prodotto per la prima volta nel 1978). "L'equilibrio tra innovazione e tradizione è sempre qualcosa di molto delicato", afferma Albiera. Lo spirito rivoluzionario della famiglia sopravvive, ma è consapevole che la loro storia, la loro eredità e la loro tradizione rappresentano "una vera risorsa", da non trascurare nell'attuale mercato vinicolo globale. Mentre un tempo dovevano imporre al mondo il riconoscimento della qualità del vino italiano, ora la loro attenzione si concentra sulla celebrazione coltivare varietà locali e creare vini fedeli al loro terroir. Questo vale per tutte le loro tenute, non più solo in Toscana, ma dalla Puglia al Piemonte, e anche oltre, con proprietà in Cile e California (tra cui Stag's Leap Wine Cellars). In sostanza, tuttavia, la loro filosofia può essere riassunta in una parola, dice: qualità. 
La generazione successiva è già a bordo, con i figli di Albiera, Vittorio e Verdiana, che lavorano al suo fianco. Il loro percorso è stato completamente diverso: università, master e esperienza in cantine di tutto il mondo, un passo più consapevole nell'azienda di famiglia. Non c'era, tuttavia, modo di negare il loro destino. 
Essere un Antinori, dice Albiera, "significa una responsabilità verso le persone che lavorano con noi, verso la storia che abbiamo e verso la terra che coltiviamo... un impegno solido e costante nel fare le cose bene, nel fare le cose con intelligenza, nel fare cose che durino nel tempo". Dopo sei secoli di attività e un portfolio di tenute in tutto il mondo, questa responsabilità continua a crescere, ma è un dovere che gli Antinori sembrano particolarmente adatti a gestire. 
La nuova annata di Solaia (2022) è ora disponibile 
Esplora tutti gli attuali prodotti Antinori o leggi di più. Editoriale

Gli Antinori sono una delle famiglie più famose d'Italia. In occasione dell'uscita della nuova annata di Solaia, abbiamo incontrato Albiera Antinori, CEO e Presidente dell'azienda di famiglia, rappresentante di 26a generazione.

Sitting down with Albiera Antinori – CEO of Marchesi Antinori, company that created Super Tuscan Tignanello to find out more about their wine dynasty 

Talking to Albiera Antinori about the family’s wine empire 

L'impero Antinori

If you haven’t already heard about Baettig, we urge you to read some of our previous coverage of this rising-star producer. Conceived by Francisco Baettig (the winemaker behind Errázuriz, Seña and Chadwick) and Carlos de Carlos (previously Commercial Director at Errázuriz, he now works for Paul Hobbs) over dinner in London in 2010, Baettig is one of Chile’s most exciting projects – crafting site-driven wines from Malleco and the Maule.  The duo spent years seeking out the right site – realising that to find vineyards that met their standards, they’d have to plant them themselves. In 2013 they put their first vines in the ground, planting Burgundy clones of Chardonnay and Pinot Noir in Traiguén, in the Malleco province. Both Francisco and Carlos had family ties to the region – making it seem like fate.  The site, however, wasn’t chosen purely for their emotional connection to the area, but with an eye on sustainability and quality. This is one of Chile’s southernmost wine regions, with red clay, clay loam and volcanic soils, cool conditions, 25% less sunshine than the Central Valley and – most importantly – plentiful rainfall, allowing them to dry-farm the vines and produce restrained, Burgundy-inspired Pinot Noir and Chardonnay with moderate alcohol levels, bright acidity and vibrant fruit. Francisco is clear that the quality of their vine material has been key to their success – as it is only relatively recently that Chile had access to high-quality, clean Burgundy clones.  While Baettig started with Chardonnay and Pinot Noir, the producer has since added Cabernet Sauvignon from old vines in the Maule to the range, unsurprising given Francisco made his name making Chile’s icon wines.  Fourteen years after they first imagined their joint project, we welcomed Francisco to London to look back at the Baettig journey so far – tasting through a vertical and exploring how the project has developed and evolved.  About the Baettig range  There are currently two tiers to the Baettig range, with the idea that a top tier, single-vineyard offering that will be their “Grand Cru” of sorts, is likely to be added in the future. The current range comprises:  Vino de Viñedo: these wines are a vineyard selection designed for earlier drinking, effectively a “village” equivalent. The Chardonnay and Pinot Noir at this level go by the name of Los Parientes (“the relatives”, a reference to the closeness of the different parcels), while the Cabernet Sauvignon is called Los Compadres (“close friends” – a tribute to the growers with whom they’re working). Los Compadres is sourced from various dry-farmed, cool plots in the more coastal areas of the Maule, with the vines all over 30 years in age and some up to 150 years old, creating lively, juicy and intense expressions of Cabernet Sauvignon. The first vintage of the Los Parientes Pinot Noir and Chardonnay was 2019, while the first vintage of the Los Compadres was 2021. These may be the entry point to the Baettig range, and they are made to drink on release, but they also – like good village Burgundy – have capacity to evolve and will only benefit from an extra year or two in bottle.  Selección de Parcelas: their “Premier Cru” equivalent range, made in smaller volumes from specific parcels and built for longer ageing. These wines see a higher proportion of new oak and longer ageing prior to release. The Chardonnay and Pinot Noir are labelled under the Los Primos name (“the cousins”), while the Cabernet Sauvignon is named Los Padrinos (“the godparents”). The Pinot Noir comes from their El Primo, Chuir, and La Cuñada parcels, chosen for their elegance, structure and ageing potential; while the Chardonnay comes from the Triángulo and Llaima parcels, creating mineral, vertical wines that are all about tension. The first Los Primos Chardonnay and Pinot Noir were made in 2016, with the first wide release from 2017, and Los Padrinos was first made in 2022. Volumes of these wines are tiny, with just 300 to 350 cases made of each of the Selección de Parcelas.  About the winemaking The emphasis with Baettig is firmly on expressing site – and as such the winemaking is very “light touch”, allowing the sense of place to shine through in the wines. The style has evolved, with the use of oak reduced a little from the earliest vintages, generally shifting toward less time in barrel, larger casks and smaller portions of new wood. The fruit is all hand-picked and fermented with indigenous yeasts. The cooler sites, combined with the way Baettig farms and when they harvest, produces fruit with naturally low pH, allowing them to use minimal amounts of sulphur (although with sufficient doses to allow the wines to age and be shipped around the world).  For the Chardonnay, it is all whole-cluster pressed and cold-settled, prior to native ferment in old French barriques. Malolactic fermentation on the Chardonnay is left to happen or not, according to the vintage conditions (with often around a third going through). The élevage for all the wines varies according to the vintage, but the Los Parientes Chardonnay normally spends eight to 10 months in cask, with up to 15% new oak, while the Los Primos spends between 10-15 months in barrel with up to 35% new oak. The new oak for the Chardonnay is all larger 300- and 400-litre casks. A portion of the Pinot Noir is whole-bunch fermented (typically 10-20%), with the rest de-stemmed – with fermentation all in used oak. The Los Parientes stays in barrel for around eight to 10 months, with up to 15% new oak; for the Los Primos, it is 15-16 months, with up to 40% new wood – with the new oak all 300-litre barrels.  For the Cabernet Sauvignon, the fruit is all de-stemmed. Fermentation temperatures are low at around 24-28˚C, with maceration for a maximum 20 days, given the natural concentration and structure of the fruit. The Los Compadres is aged for 10 months in French oak (20% new), while the Los Padrinos spends 15 months in 65% new oak (including around a third in larger 300-litre barrels).  Tasting through the range, there is a clear stamp of style – a flinty restraint, with the emphasis on crunchy fruit and minerality, vibrant acidity, moderate alcohols. While some of the earlier vintages might have offered more overt oak in their youth, this has integrated with time in bottle – and the wines offer at most a subtle spicy complexity. They are beautifully judged, pure expressions of Traiguén.   About the vintages 2022: Generally speaking, 2022 was an outstanding vintage. In Malleco, the year was cooler than average. Winter was relatively dry, with little rain in spring and cool conditions including frost in September and October, leading to particularly low yields. Weather warmed up in February before cooling again in March and April, which also saw quite a lot of rain. This resulted in a late harvest of a small crop of fruit, with great intensity, concentration and excellent tension – with high acidity levels retained thanks to the cooler conditions. In the Maule, the season was moderately warm, producing a more generous yield than further south but similarly high quality. The weather here was warmer in December and temperatures close to average from January through to March. Moderate rainfall in March and April refreshed the season and eased the final stage of ripening, with the fruit offering good acidity, colour and aromatic intensity. The 2022s offer an up-front richness of fruit, with good backbone of acidity – in some ways a combination of 2020 and 2021.  2021: The 2021 vintage was a cooler year – producing wines where the emphasis was on elegance, finesse and tension, perfect for the Baettig style. The winter in Malleco was rainy, with 650mm of water over June and July, laying the groundwork for a good budbreak. Spring was dry and reasonably warm, although a late frost in September reduced yields. Summer was cool, with some rain over December and January (90 mm in total across the two months), allowing the fruit to ripen slowly ahead of a late harvest, developing great aromatic complexity and preserving the acidity levels. These should age particularly well.  2020: This was a warmer year versus 2021, producing richer-styled wines. There was plenty of rain in June and July, however this dried up in August, with little rain for the rest of the growing season. Temperatures rose and the hot, dry conditions allowed the grapes to ripen easily, although an early harvest was key to preserve freshness and tension to complement their natural intensity and generosity. Offering a little more flesh, particularly at this more youthful stage, versus the 2021s, the 2020s are juicy and open, yet with everything in balance. The one we’d pick for drinking now, although there is certainly no rush here.  2016: A rainy winter led on to a cool and rainy spring, with later-than-normal flowering and fruit set and a small crop. Summer was dry and largely warm, and the fruit was harvested early, producing wines that combine refreshing acidity and good density of fruit. The 2016 Los Primos Pinot Noir and Chardonnay were never released, the tiny volumes of Baettig’s first crop, so it was a real treat to taste these special bottles, offering a glimpse of the wines’ ageing potential – with both drinking beautifully.  The vertical: tasting Baettig Chardonnay 2022 Vino de Viñedo Los Parientes Chardonnay: This was really showing well, even though it has only just been released. It’s tight, full of energy, with a punch of minerality, bright taut citrus and crisp green apple. It’s lean and sleek, but with a fleshy, juiciness that makes it hard to resist now. A wine that’s singing. Aged for eight months in 15% new oak. Production: 7,254 bottles  2021 Vino de Viñedo Los Parientes Chardonnay: There’s a lick of lime curd on the nose here, with tightly wound greengage emerging with air. It’s pure and linear, driven with its intense, stony purity, but there’s a pleasing fatness to the fruit behind, with a mouth-wateringly juicy finish and long, saline tang to the finish. Aged for 10 months in only used oak. Production: 16,909 bottles  2020 Vino de Viñedo Los Parientes Chardonnay: The warmth of the 2020 vintage, combined with the cool climate of Traiguén and Baettig’s trademark flinty, lean style, has created a gorgeous Los Parientes in 2020. Now with a few years in bottle, it’s drinking beautifully. The wine remains taut – dominated by vibrant citrus that drives through its core, and the bright acidity brings incredible tension. Yet, there’s also a softness to the wine, with a suppleness to the palate and its ample riper stone fruit that flawlessly complements the mouthwatering zest of the long finish. Punches well above its weight. Aged for 10 months in 10% new oak. Production: 15,240 bottles  2021 Selección de Parcelas Los Primos Chardonnay: The 2021 Los Primos is incredibly impressive – and the step up from Los Parientes clear. There’s a creamy, lactic note on the nose, working alongside lemon curd, honeysuckle and bright citrus and green fruit. There’s a lushness to the fruit, with gorgeous length and energy, outstanding tension and an everlasting finish, with stony, saline minerality that lingers long after the wine is gone. You can drink this now, but it will be even better if you can give it a couple of years in bottle. Aged for 15 months in 35% new oak. Production: 3,480 bottles  2020 Selección de Parcelas Los Primos Chardonnay: Much more open now than the 2021, the 2020 Los Primos is rich and concentrated, with riper white peach fruit and honeyed complexity. There’s a softness to the wine, reminiscent of the suppleness of the 2020 Los Parientes, but additional depth here. It’s round and enticing, still with a backbone of taut acidity, and a long finish with just a touch of oak spice. Hard to resist now, drink this over the next five years. Aged for 15 months in 38% new oak. Production: 4,069 bottles  2016 Selección de Parcelas Los Primos Chardonnay: The first vintage of Selección de Parcelas, with the very first fruit from the Baettig vines, and never released. The 2016 is showing some beautiful development, with honey, sweeter plump peach and nutty complexity. Cooked apple and dried mango sit alongside a zing of limey citrus, with a line of bright acidity that runs through the palate and brings lovely energy. Gorgeous. Aged for 16 months in only used oak. Production: 2,160 bottles  Pinot Noir  2022 Vino de Viñedo Los Parientes Pinot Noir: There is 10% whole-bunch in this vintage, and combined with the youth of the wine, it is shining on the nose – with overt pepper spice, floral perfume and stemmy complexity that makes it aromatically enticing. The palate is pure and bright, with juicy but concentrated mulberry and black cherry, with a saline edge and fresh, chalky purity. Incredibly moreish. Aged for eight months in 14% new oak. Production: 13,205 bottles 2021 Vino de Viñedo Los Parientes Pinot Noir: For this cooler vintage, Francisco opted to reduce the portion of whole-bunch fermentation a little. The wine is bright, crunchy and pure, with a lovely restraint from the extended growing season. Floral tones (rose, violet) sit alongside crunchy red fruit, leading to a palate of effortless purity and length. Vibrant, mouth-wateringly fresh with an earthy, saline finish and very fine tannins. Aged for 10 months in 10% new oak. Production: 13,400 bottles  2020 Vino de Viñedo Los Parientes Pinot Noir: This is in a lovely spot right now – sharing the supple texture of its Chardonnay sibling. It is beautifully elegant, with tealeaf aromatics, gentle spice and crunchy berry fruit. Structurally, it is fine-boned – the fine, chalky tannins adding a graceful outline to the mouth-watering fruit. Gloriously fresh, the finish is saline with the slightest hint of smoke. Dangerously drinkable and incredible value. Aged for 10 months in 10% new oak. Production: 15,180 bottles  2021 Selección de Parcelas Los Primos Pinot Noir: This is such a baby at the moment – and clearly needs time to reveal its full potential. It’s much more savoury than the 2020. There’s some gunflint reduction, but beneath that smoky intensity and an earthiness, alongside the subtle florals, bright redcurrant and raspberry. There’s more grip to the tannin, a tightness to the fruit, but the structure and length offer great promise. A wine of tension. Made with 20% whole-bunch fermentation, aged for 16 months in 34% new oak. Production: 3,409 bottles 2020 Selección de Parcelas Los Primos Pinot Noir: It’s immediately evident that this is Baettig’s Premier Cru – with notably more concentration and complexity. The warmer 2020 vintage produced a vibrant and intense wine, with vivid, juicy red cherry and raspberry fruit, complemented by more delicate floral notes. Alongside the impressive weight of fruit, there’s a pomegranate freshness and mineral line, with the slightest hint of smoke and spice, and a framework of superfine, supple tannins. Made with 20% whole-bunch fermentation, aged for 15 months in 38% new oak. Production: 4,102 bottles 2016 Selección de Parcelas Los Primos Pinot Noir: This was, for me, the star of the tasting. The nose was effortlessly complex, shifting between soft florals, spice, violets and crunchy red fruit, with a dried-earth note too. There was a glorious suppleness here, silken and flowing across the palate, with a fine, chalky texture to the tannin, juicy cherry and a subtle, savoury finish. Beautiful. Everything was destemmed in this vintage and the wine aged exclusively in used oak. Production: 1,440 bottles  Cabernet Sauvignon  2022 Vino de Viñedo Los Compadres Cabernet Sauvignon: This is a glorious expression of bright, modern Cabernet – pure and pristine with crunchy red and black fruit, vivid pencil shavings and an herbaceous green-pepper edge. There’s such intensity to the palate, with its tart red berry fruit, mouth-wateringly fresh and juicy. The abundant fruit is framed by graphite tannins, leading on to a spicy finish. Aged in 20% new French oak for 10 months. Production: 17,000 bottles  2022 Selección de Parcelas Los Padrinos Cabernet Sauvignon: The first vintage of Los Padrinos is only offering more since we first tasted it in February. It’s strikingly different to Los Compadres – a much darker, spicier and smokier expression. The two wines share their tension, with firm acidity that forms the backbone of this wine and drives the long finish, as well as gloriously crunchy and fresh fruit. The nose is savoury and brooding at first, but sweeter plum and cassis fruit lurks behind, while there’s a tart, bright bite to the palate. It still feels compact at this youthful stage, the power and gum-drying tannins needing time to unfurl. Aged for 15 months in 65% new French oak. Production: 1,800 bottles  Explore all current listings of Baettig or read more Editorial

Last month, we welcomed Francisco Baettig to London, guiding us through a vertical of his stunning Chardonnay, Pinot Noir and new Cabernet Sauvignon from Chile’s south. Here, we unpack the Baettig story, style and how each vintage of this exciting project is drinking right now

Tasting through a vertical of Baettig’s Chilean wines: Chardonnay and Pinot Noir from Traiguen, Malleco, and Cabernet Sauvignon from the Maule

Baettig vertical, tasting these top Chilean wines

The story so far: Baettig vertical

When a red blend from Chile became the first wine from outside Bordeaux to be offered on La Place in 1998, it no doubt ruffled a few feathers. Could the New World, let alone South America, ever rival the quality of wines being made in Bordeaux? In the late 1990s, the answer was frankly no. Today, however, the fine wine market is keeping its eye on Chile’s leading estates with good reason. Not because they can rival Bordeaux in style, but because Chile’s winemakers are defining a style all of their own and discovering the potential of their top terroirs.  Gone are the days of overripe fruit, heavy-handed oak and 15% alcohol wines which dominated the scene during the height of Robert Parker’s influence in the early 2000s. Today vintners are focusing on making chiselled and elegant reds, as a result of much earlier harvesting and more restraint in the cellar – but, most importantly, these wines are all about balancing the freshness and nuance of their mountain terrains with the vibrant fruit profile and fine tannins these sunny lands offer. In the past decade, thousands of soil pits have been dug across Chile’s wine regions as winemakers get under the skin of their Chilean DNA — an endeavour well worth the effort as recent vintages show. Here are the regions at the forefront today.  Alto Maipo  It’s no coincidence that Château Mouton Rothschild’s Chilean venture with Concha y Toro, Almaviva in Alto Maipo, was the first non-Bordeaux wine to reach La Place. Maipo had been at the heart of Chile’s great Bordeaux imitation game since the 19th century, and on paper, Alto Maipo has a lot in common with Bordeaux: the same red varieties planted on similar gravels of river terraces.    Today, however, the best wines – including Almaviva and Viñedo Chadwick – focus on what makes Alto Maipo Cabernet Sauvignon and blends distinctive. In high-altitude Puente Alto in particular, the purity of the Andean sunlight at over 700 metres’ altitude offers a flamboyance of cassis and blackcurrant aromas, while cool mountain nights revive the grapes, giving the wines tension, filigree tannins and fragrant wild herb aromas. It’s this seductive combination which marks Alto Maipo as a Grand Cru of Chile.  Aconcagua  Further north, the Chadwick family has been making bold wines from valley floor vineyards in the warm Mediterranean climate of Aconcagua for over a century. Since the 1990s, however, they have been planting on the slopes and the more interesting colluvial soils found in the Andes foothills and towards the coastal mountain range.  Their iconic Seña blend, which originated as a collaboration with Robert Mondavi in 1995, has become increasingly refined under the hand of Chilean winemaker Francisco Beattig in recent vintages. Select plots of mainly Cabernet Sauvignon and Malbec are synthesised into a balanced wine of 13.5% which prioritises harmony over power and carries graphite, cedar and blackberry aromas, trademarks of contemporary Aconcagua wines.  Apalta  One of Chile’s few DOs reflecting a place rather than a political region, the hill of Apalta has become world-renowned as one of the country’s best terroirs, with some of the best-known estates in Chile. Lapostolle, the biodynamic estate of the Bournet Lapostolle family, has been instrumental in developing the reputation and character of Apalta wines.  The key to Apalta today, and their iconic Clos Apalta property is the unique microclimate and kaleidoscopic palate of profiles the winemaker can draw from on this diverse hill site in Colchagua – from rich old-vine Cabernet Sauvignon on the clay soils of the valley floor, to the linear Merlot and peppery Carménère from Apalta’s southeast-facing granite slopes. These complex blends with black cherry and black pepper aromas, a full body and silky finish have become highly sought-after trademarks of Apalta wines today.  Chile’s winemakers are increasingly site-specific in their quest to show the potential of their unique country, with new and exciting vineyards being planted from the limestone-encrusted soils on the coast of the Atacama Desert down to the volcanic slopes of Osorno in Chilean Patagonia. And while there are no doubt many more Grands Crus in the making in Chile, those that have risen to the fore in the fine wine market today show precision, focus and a far greater self-understanding and appreciation than ever before.  Explore all current Chilean wine listings or read more Editorial 

Chile’s most iconic wines have come a long way in the last decade. With producers increasingly focusing on expressing site rather than creating a particular style, a handful of areas are emerging as the country’s Grands Crus, as Amanda Barnes reveals

Chile’s most iconic wines have come a long way in the last decade. We explore the region and producers such as Clos Apalta, Almaviva, Chadwick and more

Chile's Grand Cru wines explained

Chile's Grands Crus explained

Il fuoristrada si ferma e scendiamo tutti – i due Jack Russell di Marco Pallanti (Bach e Masetto) aprono la strada mentre rotolano giù e dentro il vigneto di fronte a noi. I filari scendono lungo un pendio ripido, tre sottili triangoli che inclinano severamente fino a un punto, formando un anfiteatro naturale, e la torre iconica di Siena appena visibile all’orizzonte, 20km a sud. La CEO Lorenza Sebasti, il figlio suo e di Pallanti, Arturo, il nostro Buying Director Corentin Margier e io siamo in piedi nel vigneto Montebuoni di Castello di Ama, che dà il nome alla loro Riserva. È l’ultima tappa del nostro tour dei vari siti che compongono i 75 ettari di vigneti della proprietà. 
 Basta assaggiare i vini di Castello di Ama per capire che questo è un luogo speciale, ma naturalmente non c’è sostituto al mettere i piedi per terra, camminare tra i filari e vedere il sito di persona. Da quando quattro famiglie romane hanno riscoperto questo sito collinare negli anni ’70, è stato amorevolmente restaurato, con investimenti significativi nei vigneti e in cantina – e l’originaria tenuta di 55 ettari è cresciuta fino agli attuali 115 ettari (con 75 ettari di vigne e 40 di uliveti), per non parlare della vasta collezione d’arte che punteggia la proprietà. I vigneti sono distribuiti su quattro valli, con ogni sito entro un raggio di 1,5 chilometri dalla cantina a Gaiole-in-Chianti. Per l’enologo Pallanti, questa prossimità è una delle chiavi della qualità, non solo permettendo di comprendere davvero ogni sito, ma anche garantendo che il tempo tra la raccolta dell’uva e il suo arrivo in cantina sia minimo. Per ogni parcella, puntano ad avere l’uva in vasca in meno di due ore. La proprietà si trova tutta tra i 420 e i 530 metri sul livello del mare, sul lato più alto per la regione e un altro elemento definitorio per Castello di Ama, che conferisce ai loro vini grande freschezza e finezza. 
 Il fianco settentrionale della tenuta è La Casuccia, 16,1 ettari dominati da suoli argillosi pietrosi e circondati da muretti in pietra. Qui il “suolo ricco e grasso” (come lo descrive Arturo Pallanti) ospita principalmente Sangiovese, con una parcella storica di Merlot. Il “filetto” della proprietà, produce vini opulenti ed espressivi, e una Gran Selezione da singolo vigneto viene prodotta solo nelle annate migliori (come per Bellavista). Scendendo verso sud si arriva a San Lorenzo, che costituisce la base della omonima Gran Selezione, un vino prodotto ogni annata. Mentre le annate dal 1982 al 1990 sono state realizzate esclusivamente con uve di questo vigneto, si è evoluto per diventare un assemblaggio di parcelle – includendo in particolare uve da Bellavista e La Casuccia negli anni in cui non vengono prodotti. I suoli qui sono calcarei ma con abbondante scisto ricco di argilla – un sito che non ha gli estremi di Montebuoni, Bellavista o La Casuccia, ma riunisce alcuni dei migliori caratteri di tutti in 16,5 ettari. 
 Stretto tra San Lorenzo e Bellavista si trova L’Apparita, la speciale parcella di tre ettari di Merlot che sta dietro al primo – e a uno dei più iconici – Merlot della Toscana. Argilla, calcare e l’altitudine (500 metri) creano un vino che ha sia potenza sia freschezza. Il vicino Bellavista produce alcuni dei vini più potenti di Castello di Ama, eppure fini e floreali – ed è sede delle loro vigne più vecchie. Esposizione sud/sud-ovest, i suoi 22,5 ettari di vigne (circa l’80% Sangiovese, con il resto Malvasia Nera) godono del sole, poggiando su suoli ghiaiosi di argilla e calcare. Nelle annate migliori, producono una Gran Selezione da singolo sito da Bellavista (prodotta per la prima volta nel 1978) – un vino impressionante e longevo. L’ultimo pezzo del puzzle è Montebuoni – dove ci troviamo. Pallanti e Sebasti hanno acquistato questa fetta di vigneto di 14,7 ettari nel 1997, chiamandola come il villaggio di fronte. Arturo ci racconta di come da bambino una volta abbia provato a salire la pendenza in bicicletta – un errore che non ha mai più ripetuto. La pendenza qui è così drastica che anche scenderla con un pick-up mette a dura prova i nervi, lavorando dal pietrisco calcareo che sembra destinato a far slittare le ruote, fino al piede del vigneto più ricco di argilla. Qui le vigne sono divise tra Sangiovese (circa metà del sito), con Merlot, Cabernet Franc e Malvasia Nera – e i vini riflettono le pendici angolate del sito, appuntiti e tesi con una spina dorsale di acidità brillante. 
 Sono passati oltre 40 anni da quando Pallanti è arrivato in tenuta, e oltre 30 da quando Sebasti ha assunto il ruolo di CEO. Insieme hanno curato questa straordinaria proprietà, intrecciando i fili di questi vigneti speciali per creare vini che fissano il punto di riferimento per la regione. Nessuno dei due ha intenzione di andare in pensione a breve, ma ora Arturo è tornato per unirsi all’azienda di famiglia – aggiungendo un altro tassello al complesso patchwork che definisce questa tenuta piena d’anima. 
 Esplora tutte le proposte di Castello di Ama oppure leggi altri articoli Editorial

Da tempo promuoviamo i vini del Castello di Ama, una tenuta che produce alcuni dei migliori vini del Chianti e della Toscana. Abbiamo visitato la proprietà per immergerci nel suo terroir speciale; qui vi accompagniamo attraverso il mosaico di vigneti.

Walking you through top Chianti Classico wine estate Castello di Ama’s terroir – visiting La Casuccia, San Lorenzo, L’Apparita, Bellavista and Montebuoni

Exploring Castello di Ama’s vineyards

Ricostruendo il puzzle del Castello di Ama

Chile is already well-known for producing top-quality Chardonnay and, to a lesser extent, Pinot Noir. But the wines tend to translate the intense solar energy synonymous with the region – producing fat, juicy, candied-fruit wines that lack the tension and minerality that the world’s very top examples exude. Baettig, however, is a notable exception – something that was highlighted by a recent vertical of the young estate’s first three vintages. The project came out of Francisco Baettig’s obsession with finding the right place for these finickity grapes in Chile. Following his own experiences growing Pinot Noir and Chardonnay elsewhere, he knew what he had to avoid. He was adamant that he wouldn’t rely on irrigation, which leads to shallow root growth and therefore, in his view, less terroir expression. Secondly, he wanted better clonal material. Baettig went to the very best to source his vines – his Pinot Noir vines come from a top vine nursery in Gevrey-Chambertin. He also needed a cooler climate where he wouldn’t have to rely on thick canopy growth to protect the grapes from the sun – something which Baettig believes can lead to overt green flavours. High-intensity sunshine also leads to thicker-skinned berries, but – for Baettig – thinner-skinned berries produce fresher wines and more ethereal tannins, both elements he seeks in his Pinot Noir. A cooler climate would also mean lower alcohol and fresher fruit profiles. With all these components in mind, it took Francisco Baettig (of Errázuriz, Seña and Chadwick) and his business partner Carlos de Carlos two years to find what they felt was the best place for this project. Fortunately, for Baettig and Carlos, it was familiar territory. The remote Traiguén district of Malleco in Patagonia is close to where both Francisco and Carlos’s families are from. On the 38th parallel south, the region has enough annual rainfall to allow dry-farming, the solar intensity is 25% lower than in central Chile (allowing for lighter canopies and thinner skins), and the volcanic bedrock on top of clay soils is poor enough to produce naturally low-yielding, high-intensity fruit. They planted vines in 2012 and their first experimental vintage was 2016, making a tiny amount of wine for family and friends. After all that time and effort, it was only then that they found out if this place was as good as they hoped. “It was a nervous time,” chuckles Carlos. But the wines quickly brought a sense of relief – it was early days, but they could sense the promise and they could already feel the elusive tension present in the wines. It would be another four years before they launched their first commercial vintage in 2020. The wines were from 2019 – and it proved not the easiest vintage to launch a new wine. Baettig always wanted vintage variation, a region on the margins where the vintage leaves its stamp. But 2019 was a very hot vintage in central Chile and, though Baettig’s wines suffered a lot less in the cooler south, they were still affected. Now with three commercial vintages under their belt, the critics that have managed to taste the wines have been more than impressed. From the outset, their 2019 releases were met with much fanfare. James Suckling described them as “compelling… rare gems that make you contemplate Burgundy”. The 2020 Baettig Vino de Viñedos Los Parientes Pinot Noir was selected among the top 10 Chilean Pinot Noirs by a Decanter tasting panel and Joaquin Hidalgo from Vinous wrote that Baettig’s “ wines leave behind a trail of tension that is the stuff of drinkers’ dreams”. Francisco Baettig is no stranger to such accolades. He is already one of Chile’s most celebrated winemakers. Awarded Chile’s winemaker of the year in 2018 by Tim Atkin thanks to his work at Viña Errázuriz, he was instrumental in establishing the winery both in the fine wine world with Seña and Chadwick, but also amongst everyday drinkers with their consistent quality at lower price points. While Viña Errázuriz has become a hugely successful business with production amounting to over five million bottles every year, Baettig’s Traiguén project is tiny. Entirely self-funded, it is a real labour of love and production today is just 55,000 bottles per year.  These early years have not been without difficulty. Being able to dry-farm was important, but this came at a cost. While the rainfall should be sufficient to dry farm and protect them from potential drought in the early days, Baettig still chose to irrigate half the vineyard and left the rest without water. In the 10 years since they first planted, the unirrigated young vines suffered terribly and only the irrigated part of the vineyard grew strong. Once established these vines can now survive without irrigation. Since then, Baettig has replanted where the vines suffered most and irrigated the young vines before weening them off their water supply once established. It was a costly mistake that saw their production reduced by almost half. The quality of tannins in their Pinot Noir has also not been straightforward. Vine age, Baettig believes, is essential to create the quality tannins he is looking for. At the moment the Pinot Noir vines are too young to provide the texture he is ultimately seeking. He is using whole-bunch fermentation (up to 15%) to add texture, as well as more herbal spice aromas. He is also using new oak (at varying levels) to provide a bit more structure and backbone to the Pinot Noir. As the vines mature and the tannins become more present, he hopes he can taper his use of oak and whole-bunch to find the perfect balance. If the wines are already this good with such young vines, the future here is tantalising. The Chardonnay production has been more straightforward, and the wines are outstanding. The taut mineral expression, salinity and richly fruited body belie their modest price tags. Tasted blind you would never guess they were from Chile – but the early success of these wines is no doubt setting the benchmark for Chardonnay and Pinot Noir in Chile, as well as changing our expectations of the flavour profiles in the region.  Beattig and Carlos remain convinced about the region, and today the results speak for themselves. With so much going for it, you can’t help but feel this remote region will transform in the next few years as more and more vignerons realise its potential. 
 Vertical tasting of Baettig’s wines from 2019 to 2021 
2019 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Chardonnay: The 2019 Los Parientes Chardonnay is starting to show the first signs of development with honeyed, citrus aromas and dried fruit tones. The palate remains clean and taut, very fresh with lime fruit flavours and structurally vertical in style. There is a contrasting mix of sweet, honeyed fruit and sharp acidity on the finish. 2020 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Chardonnay: Compared to the 2019, the ripe citrus fruit is better integrated with the acidity. A cool vintage for the region produced a wine with lovely contrasting lemon and orchard fruit flavours with more savoury, earthy, lightly smoky, mineral tones. The wine has great tautness, and the vibrancy really lends persistence to the palate. Again, it has a very vertical Chablis-esque style that is beautifully balanced and refreshing. 2021 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Chardonnay: The 2021 vintage in Traiguén is looking very special based on these early bottlings of Vino de Viñedos (the more premium Selección de Parcelas will be released next year). The nose is complex, with green herbal tones allied to chalky, briny, mineral notes. The palate retains that distinct vertical, Chablis-esque character, but also has a lovely, rich mid-palate. The tautness brings great energy to the wine. The wine has all you want in an acid-driven Chardonnay – varietal expression, verticality, salinity and a long, refreshing finish. This is exceptional value at under £20. 2019 Baettig, Selección de Parcelas, Los Primos Chardonnay: The Selección de Parcelas are the top bottlings from Baettig. The wine is barrel-fermented and aged for 14-15 months in oak. Compared to Los Parientes, at three years of age, the wine shows less development in bottle. The peppery spice from the oak along with the textural layering on the palate gives the wine a great mouthfeel. It is rich and concentrated, but still has plenty of tension and a refreshing mineral salinity on the finish. 2020 Baettig, Selección de Parcelas, Los Primos Chardonnay: The 2020 Los Primos Chardonnay is much more reductive on the nose than the 2019 tasted alongside. The mineral, struck-match reductive tone eases with air followed by lovely honey and delicate white-flower aromas – bringing beautiful lift to the wine. The textural quality is outstanding, and the oak ageing gives the wine a textural layering that is rich, concentrated and juicy. The orchard fruit and pepper spice from high-quality oak are all beautifully integrated. The refreshing saline notes come through on the finish and leave the palate feeling super fresh. 2019 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Pinot Noir: The 2019 Pinot Noir has just 7% whole-bunch fermentation, but it adds complexity, bringing lovely grilled, herbal, savoury notes to the wine as well as a bit of texture. The savoury tones gel nicely with earthy, wild strawberry and a touch of menthol. The inclusion of whole-bunch here is quite noticeable and dictates the character of the wine. 2020 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Pinot Noir: The 2020 is noticeably richer and full-bodied compared to the lighter-styled 2019. The whole-bunch, grilled, herbal, stemmy tones again add complexity but seem better integrated and balanced with the rich blackberry and plum fruit. Despite having a higher percentage of whole-bunch than in 2019, the vintage’s riper fruit and tannins are better able to balance out the additional complexity.  2021 Baettig, Vino de Viñedos, Los Parientes Pinot Noir: The 2021 Los Parientes is easily the best Pinot Noir Baettig has made at the estate so far and a real jump up in quality from 2020 and 2019. The nose has great fruit clarity with rich, ripe black cherry and blackberry fruit aromas. The grilled herbal notes sit beautifully in the background, adding depth and complexity to the aromas. The whole-bunch is also better integrated on the palate, bringing lots of texture, matched by vibrant acidity and saline notes on the finish. It reminds me of a village Morey-Saint-Denis from a ripe vintage in its fruit profile with earthy, blackberry coulis fruit. The wine certainly has a more European/cool-climate edge to it. 2019 Baettig, Selección de Parcelas, Los Primos Pinot Noir: Like the 2019 Selección de Parcelas Chardonnay, the 2019 Pinot Noir has handled the warmer vintage conditions much better, but the warmth of the vintage shines through in the sweet, candy-like blackberry fruit. This is more New World in style – full-bodied, rich, ripe and full of juicy fruit. The herbal tones from a proportion of whole-bunch comes through nicely on the finish, adding savoury complexity. 2020 Baettig, Selección de Parcelas, Los Primos Pinot Noir: The 2020 has a very dark, deep purple colour and some charry, smoky and peppery tones from high-quality oak that is well balanced by fresher, grilled, herbal notes from the portion of whole-bunch fermentation. The wine is very rich, ripe and juicy, with textural tannins adding lots of structure. Browse all listings from Baettig or read more Editorial

Francisco Baettig’s new project in Chile’s volcanic south is wowing critics. Tasting through the first three vintages reveals a fascinating evolution. We caught up with founders Francisco Baettig and Carlos de Carlos to find out more 

Francisco Baettig (of Errázuriz, Seña and Chadwick) on how his new Pinot Noir and Chardonnay project in Chile’s volcanic south is wowing wine critics

Baettig, the rising star in Chile

Baettig: the rising star of Traiguén

While at the top end, Chile has historically been known for its Bordeaux-style blends, the country has a staggering range of climates to choose from. But prior to Errázurriz’s Las Pizarras range of Chardonnay and Pinot Noir from Aconcagua Costa, the Burgundy grapes had not seen great success in Chile. The last few vintages of these wines – made by Francisco Baettig – have, however, turned the tide, proving that Chile can work with much more than the Bordeaux varieties. But why did it take so long for the country to reach this realisation? Francisco believes that up until 15 years ago the Pinot Noir in Chile simply wasn’t good – low-quality clones, infected with viruses, and often planted in the wrong place. He also thinks that the influence of Bordeaux hung too heavily, meaning Pinot was being picked far too late, producing wines that were too sweet and too heavy. Since the mid-2000s, however, better plant material has been available and now, 15 years on, these vines are reaching maturity – and their potential.  But Las Pizarras is just one style of Pinot Noir and Chardonnay – and Francisco knew that a very different style could be achieved further south, where radiation is lower and there’s enough rainfall to allow vines to be dry-farmed. Francisco’s grandparents lived in the southern region of Traiguén, on a farm fittingly called “La Vigna”, and it had always been his
dream to return to his roots to make wine there. It so happened that his friend, and business partner in his new venture, Carlos had ties to the region too – and so together quickly settled on making wine here.  Traiguén is the southernmost wine-producing region in Chile, in line with Argentina’s Patagonia; as such radiation is 25% lower than in Central Chile. For Francisco, this was key: there’s less chance of the grapes being sunburnt (especially important for delicate Pinot Noir and Chardonnay), while also not requiring as thick a canopy to shield the grapes from the hot sun (as having lots of leaves can lead to green flavours in the grapes). Higher levels of radiation also cause grape skins to thicken, meaning wines are more tannic – something that Francisco was looking to avoid in ethereal expressions inspired by Burgundy. Finally, there’s also much more natural acidity in the fruit, meaning he could craft wines with real tension.  Another incentive behind the project was to discover a more sustainable solution for the long-term wine production in Chile. Irrigation is becoming a real concern in Central Chile. While Chile and Argentina have been blessed with the Andes, producers rely on snow melt to irrigate vineyards. In a dry season like 2019, there was no snow on the mountains and water reserves completely dried out. Francisco states that 40 years ago the average rainfall in Santiago was around 500mm a year: now the average is close to 300mm, and in 2019 it was just 70mm. Traiguén, by contrast, saw 850mm of rain in 2019 – meaning there is no need to depend on irrigation. Beyond the issue of sustainability, however, in Francisco’s view irrigation can be a problem when it comes to fine wine, as it’s all too easy to over-water vines, preventing them seeking out water and establishing deep roots. He believes that deep, complex root systems are essential for producing a wine of the soil, rather than a wine of the sun.  It took two years to find the perfect spot for the new project. Francisco brought Burgundian geologist and friend Françoise Vannier-Petit over to help seek out the right site. Eventually they found a corner of Francisco’s cousin’s property in Traiguén with the right soils and microclimate. Together they planted 15 hectares in 2013 at high density (7,000 vines per
hectare) with carefully selected Burgundy clones. There are nine hectares of Pinot Noir and six of Chardonnay, with three clones and rootstocks for each variety spread over five distinct parcels. Long-term, Francisco hopes to produce single-vineyard wines from these plots, showcasing the varied terroir of this volcanic region. The first commercially available wines are remarkable. The entry-level bottlings are the Vino de Viñedo Los Parientes Pinot Noir and Chardonnay – with fruit sourced from across the property, while the top grapes are reserved for the top Seleccion de Parcelas Los Primos cuvées. All the wines clearly display the nervosity, tension and minerality of cool-climate Pinot Noir and Chardonnay, but with a New World ripeness thanks to Chile’s sunny climate. Production in these early days is miniscule – with less than 150 cases of each wine made in 2018 – and the aim is to keep the operation human-sized. This project is a true labour of love for Francisco, investing significant personal savings in what he believes to be the ideal terroir for ethereal-styled Pinot Noir and Chardonnay. With such exciting results already, we can’t wait to watch the project evolve over the coming years. Explore all Baettig listings or read more Editorial 

Francisco Baettig – the man behind Errázuriz, Seña and Viñedo Chadwick – is without doubt Chile’s most celebrated winemaker. But 25 years into his career, he’s striking out to make wines under his own name. We caught up with him to find out about the exciting project

We talk to Francisco Baettig, the winemaker behind Seña and Viñedo Chadwick, about his new wine project in Traiguén in Chile

Francisco Baettig beyond Seña and Viñedo Chadwick

Looking south: Francisco Baettig’s cool-climate quest

2001 Château la Mission Haut-Brion, Pessac-Léognan, Bordeaux “A couple of weeks ago, in an attempt to try and cheer up ‘Lockdown 2.0’, I decided to order a fancy takeaway from a favourite local restaurant. It was a classic French menu – pâté to start, boeuf bourguignon for the main course, all topped off with a tarte tatin. To further brighten up the evening, I wanted to open something special from my collection, and landed on a bottle of 2001 La Mission Haut-Brion (it really had to be something French to go with  that menu!). It was the ideal accompaniment, perfectly in its drinking window. It was full of dark red fruit, and – while being absolutely strong enough to stand up to the strew – was also wonderfully elegant. Everything was exactly as it should be, this is a stupendous wine, wonderfully balanced, perfectly pure and just downright delicious.” Rose Saunders, Senior Sales Manager 2015 Domaine de la Grange des Pères Blanc, Pays d’Hérault “Perhaps my favourite quality of a truly great wine is its power to make any occasion special. That being said, many of my most memorable wine experiences are those which aren’t planned – as was exactly the case with this bottle of 2015 Grange des Pères Blanc. During a weekend break in Cornwall last month, I managed to bag a last-minute booking at Outlaw’s New Road, and on opening the wine list this line immediately caught my eye – a rare find at fine wine merchants, let alone on restaurant lists. I asked the waiter, who to my great disappointment told me the last bottle had sold earlier that day. However, Outlaw has a second restaurant down the road, and having confirmed they had one bottle left, he promptly jogged down a very steep hill, and back, to fetch it. “The wine itself is simply unlike anything else: 90% Roussanne with a little Chardonnay and Marsanne, made by a man who trained under François Coche-Dury, G’erard Chave and Eloi Dürrbach. The 2015 is still very young, a behemoth of aroma, flavour, structure and texture.
 Decanted and enjoyed over five hours, it was almost overpowering to begin with – with rich tropical fruit, spice, garrigue herbs, candied lemon and intense minerality. Continually softening and evolving with time, exhibiting an extraordinary array of nuances, this is a masterclass of how to balance raw power with freshness and finesse. One of the best bottles I’ve had this year, thank you to the brilliant team at Outlaw’s New Road for going the extra mile.” Simon Brewster, Senior Sales Manager Sennachie, 40-year-old, Cask #83/254-3, Blended Scotch Malt Whisky “Five undisclosed Speyside and Highland whiskies distilled in 1975, married in 1983 at the age of eight years, and thereafter aged at Springbank Distillery Campbeltown: this is the intriguing make-up of Sennachie’s 40-year-old Cask #83/254-3, a release of 195 bottles and one of the most fascinating whiskies I’ve had the pleasure of drinking. There are five single malt components to pick out, although it’s debatable whether it actually matters. They are in perfect harmony from the outset, with a delightful nose of honey, oranges, shortbread and sweet cinnamon spice. The palate is balanced with red apples, white chocolate and salted caramel. It’s complex and immensely drinkable. The only downside is the spirit’s unique nature; this combination of whiskies and events cannot be repeated, so it’s worth enjoying it while you can.” David Walters, Head of Spirits 2000 Clos de Vougeot, Grand Cru, Domaine Leroy “I had the privilege this autumn to taste one of the latest releases from Burgundy’s legendary Domaine Leroy, the 2000 Clos de Vougeot, in a restaurant setting – a rarity for 2020 – making the event perhaps even more special. Big, boisterous, but charming too, this perfect-condition bottle displayed epic concentration and a staggering purity of fruit, something Lalou notes of her 2000s. There was a tautness to everything, like a snake coiled and ready to pounce. Still youthful and gleaming, the perfumed nose was compelling and seemed to fill the entire room! A wine that stops you in your tracks and reminds you why Burgundy continues to run the world.” Tony Cody, Senior Sales Manager 2010 Gaia, Grosset, Clare Valley, Australia “It’s relatively rare for me not to drink French – but at my first post-lockdown meal at the Harwood Arms, this caught my eye on the list. I’ve long been a fan of the Grosset wines, and while Polish Hill may be the wine that gets the most press, they’ve clearly been putting effort into Gaia – a Cabernet that now stands up there with the world’s best. This, now a decade old, was still deeply coloured with an expressive nose of dark fruit (ripe blackberries, plums) with underlying tertiary notes. On the palate, the acidity lifted the overall ripe fruit profile from this warm vintage in South Australia. Concentrated and structured, with polished tannins, dried herb notes added complexity to the long finish. Caught at just the right moment, this was drinking beautifully – perhaps all the more so with the sweet taste of freedom.” Corentin Margier, Head of Buying Browse more Editorial 

Each month, we ask a handful of our team to pick a wine or spirit they’ve tasted recently – a bottle that surprised, delighted or merely lived up to high expectations. Here’s what they chose

Each month, we ask a handful of our team to pick a wine or spirit they’ve tasted recently. Here’s what they chose

Our team names their top bottlings

In the glass: what our team is drinking

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A causa della quantità richiesta, non sarà possibile selezionare una data di spedizione al checkout. Ti preghiamo di inviare la richiesta e ci coordineremo con il nostro magazzino per confermare direttamente con te la data di consegna.

Fino a 499 bottiglie in deposito, la tariffa è di 39¢/bottiglia al mese oppure un addebito mensile minimo di 50 $ (copre fino a 142 bottiglie). Per oltre 500 bottiglie, la tariffa di stoccaggio è di 35¢/bottiglia al mese.

Tariffa di stoccaggio standard

Selezionando la spedizione tramite terzi, ti assumi la piena responsabilità del rispetto di tutte le normative e autorizzi Vinfolio a trasferire gli articoli alla parte indicata nelle tue istruzioni. Gli articoli spediti tramite terzi rimarranno nel loro imballaggio originale.

Gli orari di ritiro sono tra le 8:30 e le 12:00 e tra le 13:30 e le 16:30, dal lunedì al venerdì. I vini al Will Call che non vengono ritirati entro 10 giorni lavorativi saranno trasferiti in deposito e soggetti a una tariffa di stoccaggio di 1,50 $ per bottiglia.

Gli articoli verranno reperiti e spediti al nostro deposito di vini all'avanguardia per la migliore conservazione possibile, dove potrai organizzare il ritiro presso il nostro indirizzo di magazzino a Napa.

Ritiro in sede (Napa)

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Siamo nelle fasi finali dellaggiornamento alla nostra nuova piattaforma di trading. Come parte di questa transizione, stiamo attualmente migrando tutti gli inventari di proprietà dei clienti per garantire unesperienza fluida e senza interruzioni.

La nostra nuova e migliorata piattaforma sarà pronta per te venerdì 4 aprile.

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La consegna locale è gratuita per ordini superiori a 1.800 HK$ (in un'unica destinazione). Per ordini inferiori a questo importo, la consegna costa 150 HK$ fino a quattro casse e 50 HK$ per ogni cassa aggiuntiva.

Le spedizioni partono da €25 in Italia e da €45 verso la Svizzera e il resto d’Europa per un massimo di 48 bottiglie (75 cl). I costi variano in base alla destinazione. Per spedizioni più grandi è possibile richiedere un preventivo.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro negozio al 22° piano, 8 Wyndham Street, Central Hong Kong.
Gli orari di ritiro sono dalle 9:30 alle 18:00, da lunedì a venerdì.

Puoi organizzare il ritiro presso il nostro magazzino STI INTERNAZIONALE SPA, in Viale del Lavoro 57, 37051 Bovolone, Verona.
Gli orari di ritiro sono dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 13:30 alle 17:30, dal lunedì al venerdì. Siamo chiusi nei giorni festivi.

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Titolo

Profilo

Questo articolo si trova presso FINE+RARE.

Questo articolo si trova presso FINE+RARE HOME Hong Kong, ed è disponibile per la consegna o il ritiro in sede. La maggior parte delle consegne a Hong Kong può essere effettuata entro 3 giorni lavorativi; la data esatta sarà comunicata al momento dell'organizzazione della consegna. Le consegne internazionali richiedono tempi più lunghi, ti preghiamo di contattarci per maggiori dettagli.

I vini venduti en primeur saranno rilasciati dal produttore dopo limbottigliamento, tipicamente 18 mesi dopo la fine della cosiddetta campagna. Il tuo vino sarà poi conservato da FINE+RARE in un deposito doganale fino a quando deciderai di richiederne la consegna.

Reperiremo questo articolo attraverso la nostra rete di fornitori e ne organizzeremo la spedizione a FINE+RARE.
 I tempi di consegna dipendono da molte variabili, ma una stima media è di 6-12 settimane.
 Una volta confermato lordine, ti terremo aggiornato sulla data di arrivo prevista.
 Ogni articolo viene controllato al momento della ricezione dal nostro team di esperti, con fotografie disponibili su richiesta (si prega di notare che potrebbero essere applicati dei costi).

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